Il problema non sono i nomi ma il “sistema” Mps
12 Gennaio 2017
La befana, con le mozioni votate martedì scorso alla Camera, sembra ci abbia portato la commissione di inchiesta su Monte Paschi. Commissione che arriva dopo il regalo di Natale, la mancata ricapitalizzazione dell’istituto senese che verrà salvato dallo Stato al modico prezzo di cento euro procapite per i contribuenti.
Peccato però che la commissione (non ancora istituita) rischi di nascere storta, espressione di un governo a tempo, che di qui a qualche mese potrebbe finire, mentre invece com’è noto agli addetti ai lavori le commissioni parlamentari sono cose complicate e che hanno bisogno di molto tempo per arrivare a qualche conclusione. Occorre infatti istruirle, chiedere, ottenere ed esaminare documenti, audire innumerevoli esperti e ascoltare testimonianze, e alla fine mettersi d’accordo. In ogni caso, come dimostra la storia italiana, non sempre le commissioni d’inchiesta servono al loro scopo, che in teoria sarebbe quello di appurare la verità.
Dunque una commissione a tempo, fate scattare il cronometro. Si dice poi che l’organismo dovrebbe servire a fare i nomi: fuori i nomi di chi avrebbe ricevuto crediti dalla banca, dei debitori più o meno occulti, si è sentito dire in Parlamento. Ma anche in questo caso tutta una sfilza di nomi eccellenti, di imprese e aziende semidecotte che il Monte si è preso in capo negli anni scorsi sono già saltati fuori, dalle indiscrezioni e dalle inchieste giornalistiche, come quella svolta dalla Verità di Belpietro. Ma forse il problema, come vedremo tra un attimo ,non sono tanto i nomi, ma il sistema.
Messa così la storia della commissione inizia a emanare un po’ l’odore acre della bufala, tanto più che il Pd si è affrettato a votare sì forse sapendo che l’esito sarà un nulla di fatto. Ma ad avere voglia, una cosa si sarebbe potuta fare e si potrebbe ancora fare: chiedere conto ai vertici di Mps dei criteri con cui sono stati gestiti i crediti, inseguendo quale avventuroso piano finanziario si è finito per creare il buco accumulato, quali sono i rapporti tra i vertici stessi e la politica locale e nazionale, domanda che si porterebbe dietro quella interessantissima su come si gestisce il potere nelle regioni rosse, quali accordi, cosa si offre e in cambio di che.
Queste cose sarebbe bene chiarirle, e magari di corsa, visto che se la banca diventa pubblica anche solo per un periodo di tempo non è detto che il buco sparisca magicamente e che l’allegra gestione dell’istituto cambi verso, anzi. Dunque, riconsiderando complessivamente la questione, il vero problema di trasparenza nel caso Monte Paschi è quello che investe la gestione della banca e i suoi rapporti, storici e tradizionalmente strettissimi, con il Pd. Su questo i Democratici oltre a votare sì diranno qualcosa in Commissione?