Il processo breve riparte dal Senato ma l’articolo 5 agita i magistrati militanti

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Il processo breve riparte dal Senato ma l’articolo 5 agita i magistrati militanti

20 Aprile 2011

Processo breve e responsabilità dei magistrati viaggiano su strade parallele. Dopo l’approvazione del ddl sulla ragionevole durata dei processi votata mercoledì scorso a Montecitorio, il testo riprende oggi l’iter parlamentare dal Senato con la relazione introduttiva del senatore Pdl Giuseppe Valentino. E il detonatore dello scontro politico, questa volta, potrebbe essere l’articolo 5.

Cos’è l’articolo 5? Una sintesi è presto fatta: con questo provvedimento la maggioranza ha intenzione di introdurre l’obbligo di segnalazione di tutti i procedimenti che sforano i tempi previsti. Lo scopo è quello di monitorare l’effettiva durata dei processi.

Il testo è questo: “In attuazione del principio di ragionevole durata del processo, il capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede comunica al ministro della Giustizia e al Consiglio Superiore della Magistratura” lo stato dei lavori su un determinato processo. Nello specifico, qualora la modifica introdotta dalla Camera dovesse essere approvata, il Procuratore Capo dovrà riferire al Guardasigilli e al Csm se un procedimento penale è durato oltre tre anni senza che sia stata pronunciata una sentenza di primo grado. Un obbligo valido anche per gli altri gradi del processo: cioè se saranno trascorsi più di due anni tra la sentenza di primo grado e quella d’appello e un anno e sei mesi tra quella d’appello e quella di Cassazione.

Un articolo che, a detta di politici e operatori del settore, sarebbe il vero motivo dell’agitazione delle toghe che con l’Anm sono pronte ad alzare le barricate. In altri termini, considerando che la norma sulla prescrizione breve non incide pesantemente sull’iter dei processi e ancora meno sui processi a carico di Silvio Berlusconi (in particolare, non incide sul processo Mills, che potrebbe essere prescritto a prescindere dal provvedimento in questione), sarebbe proprio il passaggio sulla questione temporale sollecitata dall’articolo 5 a far drizzare le antenne soprattutto ai magistrati militanti.  

L’articolo in questione è stato scritto dal relatore del testo a Montecitorio, Maurizio Paniz. Il deputato pidiellino, però, tiene a precisare che il fine del provvedimento non è la sanzione disciplinare nei confronti dei magistrati, bensì una verifica sul percorso che fanno le cause penali. Tuttavia, con l’introduzione di questa norma, finirebbero sotto i riflettori i cosiddetti “processi lumaca” e, con essi, i magistrati che non hanno rispettato le scadenze previste dalla legge. Al momento, dunque, non è possibile dire se il provvedimento va nella direzione del principio di responsabilità dei magistrati. Ma forse il seme è stato gettato.

Per vederci più chiaro bisognerà attendere l’evolversi del dibattito politico a Palazzo Madama che si riaccenderà a partire dal 3 maggio, quando l’esame del provvedimento sul processo breve entrerà nel vivo.