Il processo Ruby non è cosa di giustizia
26 Giugno 2013
Se un uomo pubblico viene condannato in processo a 7 anni di galera – senza aver ucciso, rubato, frodato lo Stato, usato denaro dei cittadini per i suoi interessi, tradito la sua Patria, senza che vittime di qualsiasi genere reclamino la sua pena – e la piazza pubblica e quella virtuale si riempiono di festa e di giubilo, di canti di liberazione, ecco allora di quel processo è difficile di parlare come un fatto di giustizia.
Per questo del processo Ruby si può fare solo un discorso politico o un discorso morale. Il discorso politico è semplice e perverso: gli avversari di Berlusconi festeggiano la sua sconfitta, sia coloro che a vario modo vi hanno contributo, sia i semplici tifosi. Ma è una festa effimera e pericolosa, perché – e qui uso volutamente un linguaggio affine a quello dei suoi nemici – il Caimano violentemente e maldestramente asportato dalla vita politica con il bisturi giudiziario è facile che metastatizzi mille volte più virulento e invasivo. Davvero pensano i suoi avversari, abituati ad attribuirgli poteri sconfinati e luciferini, colpe abominevoli e mire supramortali, che dall’esilio di Arcore, il Cav. scioglierebbe le truppe e si darebbe al ricamo?
È vero che sia l’antipolitica tecnocratica di Monti che quella populista di Grillo appaiono in fase di riflusso, ma le praterie del risentimento sono sterminate e basta un scintilla per metterle a fuoco. Così mentre, anche ipocritamente, si pretende da Berlusconi la temperanza e la responsabilità dello statista, gli si canta intorno "Bella ciao" e si fanno i conti per il Letta bis. Bel capolavoro.
Il discorso morale è più complesso e impegnativo in tempi di moralismi e di sepolcri imbiancati. "Berlusconi dovrebbe difendersi nei processi e non dai processi" dicono tutti i saggi e gli avveduti il giorno in cui è condannato e perpetuamente interdetto in un processo. E si dimenticano tutti di Filippo Penati, il cui processo per concussione è placidamente approdato alla prescrizione e lui, che aveva promesso di rifiutarla, ha fatto perdere le sue tracce.
"Berlusconi ha abbassato la soglia di moralità di questo paese", dicono i moralisti e i timorati. Gli stessi che avrebbero voluto salvare il posto di ministro a Josefa Idem perchè "a confronto di quello che ha fatto Berlusconi cosa volete che sia una svista sull’Ici". "Berlusconi ha offeso e svilito le donne, il loro corpo, la loro dignità" dicono le senonoraquandine e i palasharpiani e non guardano a quello che il processo ha fatto alle donne coinvolte, Ruby e le altre. "Siete tutte prostitute e tutte bugiarde perchè lo negate", dicevano i giudici con l’indice puntato e la spada fiammeggiante, e tutti giù a darsi di gomito sulle "cene eleganti" e sulle farfalline d’oro.
Dice bene Franca Fossati su Europa: "Ma perché mai dei pubblici ministeri dovrebbero avere il diritto di stigmatizzare liberi comportamenti femminili, di indagare la sessualità, scandagliare la vita privata, frugare nelle telefonate (ed esporle in pubblico) di cittadine che non hanno commesso reati? Eppure i pubblici ministeri di Milano questo hanno fatto per poter attribuire a Silvio Berlusconi il reato di prostituzione minorile. Un intero processo costruito sulla mostrificazione morale di un gruppo di giovani donne".
Infine bisogna andare parecchio indietro nel tempo, in ere meno inquinate dal voyerismo e dalla falsa morale, per trovare un po’ di misura e di senso della realtà nel parlare di sesso e politica. Io mi sono spinto fino al 1979, quando Guido Ceronetti ne "Il silenzio del corpo" scriveva così: "Quando si parla di uomini pubblici, di uomini di Stato, non bisogna negargli una certa misura di piaceri privati, perchè il bene pubblico dipende anche da questo. (…) Kissinger, classicamente s’interessava alle donne: senza questo freno, questo rinchiudersi ogni tanto in una camera con qualcuno che gli facesse finalmente perdere un’ora di tempo, questo timone segreto, la sua intelligente azione diplomatica sarebbe diventata puramente aerostatica, una navicella volante mangiata dai venti. (…) Mai le donne ( e neppure i ragazzi) sono da rinfacciare a un capo o a un ministro, purchè ne godano entro limiti che non prendano a modello Tiberio o Nerone. (…) Tutto quel che scarica in privato l’uomo pubblico dalle tensioni spaventose, di cui s’intumorisce tra la folla, nei colloqui, nei viaggi continui, nelle assemblee, è frescura per il bene pubblico; senza piaceri privati, l’uomo che governa o legifera perde, specialmente oggi, la dimensione umana." Specialmente oggi.
(Tratto da Huffington Post)