Il Prof. Monti e i Prof-ministri non possono dare lezioni al Parlamento
01 Dicembre 2011
Dov’è finito il Parlamento? Me lo immaginavo meno remissivo, più vivace, ma non per questo ostile al governo Monti. Invece mi sembra morto. Nei giorni scorsi la noia si tagliava a fette a Montecitorio. E nelle prossime settimane sarà probabilmente la stessa cosa. Tutti votano tutto. Però se il Professore non vuole avere brutte sorprese, sarà bene che tenga da conto le forze politiche che devono sostenerlo e con esse stabilisca gli opportuni confronti affinché non lo lascino solo.
Ho l’impressione, infatti, che i tecnici chiamati al capezzale dell’agonizzante Repubblica si siano messi in testa di poter fare a meno del Parlamento salvo tenerlo nella dovuta considerazione al momento della “ratifica” dei provvedimenti. Se così è si sbagliano di grosso. Sappiano che non c’è bisogno dell’ossequio formale, ma della sostanziale relazione con le Camere per poter governare. Ed il fatto che il Professore, per esempio, abbia sentito il bisogno di comunicare ai suoi pari europei prima che al Parlamento italiano le misure che intende assumere, lasciando “incredula” la signora Merkel – quella che vuole germanizzare l’Europa, tanto per capirci – lo considero francamente insopportabile. Così come insopportabile mi è parsa la sua uscita sui parlamentari che “imbratterebbero” l’Unione europea. Speriamo di aver capito male, diversamente il premier dovrebbe cominciare a porsi il problema di come situarsi davanti a quegli stessi deputati e senatori del cui voto ha un disperato bisogno.
Disperato almeno quanto ce l’hanno tutti gli italiani i quali non si aspettano molto, francamente, ma almeno di non finire sotto le macerie prodotte da scriteriati pseudo europeisti che a tutti i costi vollero l’euro immaginando che avrebbe reso più ricco, stabile, sicuro e armonioso il Vecchio Continente. Da quei signori ci piacerebbe ascoltare oggi qualche sia pur timida ammissione dell’errore commesso.
Sappiamo bene che Monti non è attrezzato a compiere miracoli e, dunque, da lui e dai suoi collaboratori non pretendiamo l’impossibile. Ma almeno che le misure da prendere le concordi con le forze politiche che poi devono votarle, forse glielo si può chiedere senza ledere il suo indiscutibile prestigio.
Tra l’altro non è stato bello che il ministro del Welfare, signora Fornero, abbia sollecitato i presidenti di Camera e Senato ad intervenire sui vitalizi dei parlamentari. Si è trattato di un’ingerenza insopportabile da parte di un potere costituzionale nelle prerogative di un altro. É come se il Parlamento approvasse un documento di indirizzo o addirittura si piccasse di legiferare sugli emolumenti del presidente Consiglio, dei ministri, dei sottosegretari e della pletora di consulenti, collaboratori e vari assistenti che popolano gli uffici governativi legati ai titolari degli stessi.
Detto questo, l’esecutivo neppure deve nascondersi, adesso che finalmente è diventato “politico” a tutti gli effetti, che le lacrime ed il sangue che pretenderà dagli italiani non sarà facile ottenerli se non attraverso una stringente mediazione con i partiti. Mi domando chi potrà votare a scatola chiusa questa o quella legge forzando la propria natura.
Lo sottolineo, non perché non sia convinto della necessità dei sacrifici (anche se con il passare dei giorni mi vado persuadendo che a poco serviranno se il quadro europeo rimarrà così dissestato), ma per il fatto che oggettivamente non è facile armonizzare sensibilità diverse ed orientarle verso uno scopo comune.
Perciò ritengo che al di là della retorica sulla centralità del Parlamento, mai come in questi frangenti, sia il caso che il governo lo tenga nella debita considerazione rapportandosi con le forze politiche al fine di fronteggiare tutti insieme la crisi che ci attanaglia. Diversamente nessuno andrà molto lontano e si sarà sprecato del tempo prezioso.
Sui volti dei deputati in questi giorni ho scorto i segni della rassegnazione. Nessuno era felice a Montecitorio. Uno mi ha detto: “Ma se mi hanno tolto la sola ragione per la quale sono qui, la passione politica, come faccio ad essere felice?”. Si sbaglia di grosso chi tende a buttarla in vacca ritenendo i parlamentari tutti dei parassiti, avvinghiati ai loro privilegi (ma quali poi?), preoccupati dei vitalizi pericolanti. C’è dell’altro. Anche se i professionisti dell’antipolitica non riescono proprio a vederlo e si consumano le meningi per presentare ogni giorni gli eletti o nominati come deliranti osceni profittatori che vivono da sanguisughe ai danni di un Paese stremato popolato – manco a dirlo – di santi, poeti, navigatori e comici (altamente benefattori questi ultimi).
Ecco, se vogliamo ricostruirlo questo Paese non ci inventiamo nemici del popolo che non esistono. Ed il governo può dare un contributo fondamentale al riguardo stabilendo con la classe parlamentare un rapporto paritetico per quanto problematico non soltanto per i ruoli, ma soprattutto per la provenienza di chi fa parte dell’esecutivo e di chi siede sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama.