Il pubblico decoro non basta, ci vuole la politica (anche con il Pdl e l’Udc)
30 Settembre 2011
Nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei, il cardinal Bagnasco ha dato voce a un disagio assai diffuso nel mondo cattolico riguardo alla situazione politica del nostro paese. Sulla scorta di questa autorevole presa di posizione, la discussione sul tema dei cattolici e la politica, che negli ultimi tempi si era già significativamente rimessa in moto, ha trovato ulteriore impulso. Soprattutto mi sembra che si ricominci a parlare con una certa insistenza della necessità di rafforzare il ruolo dei cattolici nella politica italiana, cosa che reputo decisiva, e di un nuovo partito cattolico, cosa che invece non mi convince affatto. E proprio su questo vorrei fare alcune considerazioni, prendendola, come si dice, alla larga.
Può sembrare un paradosso, ma, proprio con la fine della Dc, è riemersa in Italia la potenza culturale della chiesa e del mondo cattolico. Grazie soprattutto al magistero di grandi personalità come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, la cultura cattolica ha dimostrato una capacità di comprensione delle grandi sfide del nostro tempo sicuramente superiore a quella di tanta cultura cosiddetta "laica". Sull’identità europea, l’immigrazione, la convivenza di popoli e culture differenti tra loro, la giustizia internazionale, la dignità del lavoro, la famiglia, la scuola, la bioetica e altro ancora, la posizione cattolica è emersa con un rilievo crescente, nonostante l’indifferenza riservatale dai media.
Oggi, però, la consapevolezza da parte del variegato mondo cattolico di rappresentare un patrimonio culturale importante, una vera e propria élite, si scontra con la crescente frustrazione circa la propria scarsa capacità di incidere concretamente sulla vita politica del paese. Stanno forse in questa frustrazione le ragioni profonde del rinnovato interesse per il partito cattolico, il quale denota tuttavia un grave difetto di realismo politico. Un partito cattolico "da Formigoni a Fioroni" è facile a dirsi, ma molto meno facile a realizzarsi. E di certo non sarà sufficiente a realizzarlo l’insofferenza per Berlusconi. Sarebbe anzi un errore imperdonabile, almeno secondo me, se l’insofferenza nei confronti del premier Berlusconi, inducesse il mondo cattolico italiano a pensare che, per colpa di Berlusconi, la stagione di una formazione politica moderata, non cattolica, ma capace di coagulare gran parte del mondo cattolico in un contesto politico fondamentalmente bipolare, sia ormai irrimediabilmente compromessa.
Ciò che in estrema sintesi intendo dire, anche in considerazione dei successi non trascurabili conseguiti dai cattolici sui temi connessi a ciò che consideriamo "non negoziabile", è che la palla si trova oggi soprattutto nelle mani dei cattolici del Pdl e di quelli dell’Udc. Sta a loro giocare la partita e mettersi d’accordo sulle molte cose concrete di cui ha bisogno la nostra Italia, senza velleitarismi di sorta in ordine alla pretesa di rappresentare tutto il mondo cattolico, ma certo con la volontà di contare molto di più di quanto accada oggi nello schieramento politico moderato e nel governo del paese. Per le sue ben note vicende personali, ma soprattutto, tengo a sottolinearlo, per le sue inadempienze politiche (che fine ha fatto ad esempio la promessa "rivoluzione liberale"?), Berlusconi si direbbe ormai avviato al tramonto.
Sarebbe tuttavia miope parlare di cattolici e politica, guardando soprattutto alla vita privata di Berlusconi, senza guardare alle grandi questioni che sono sul tappeto: lo stallo politico e istituzionale in cui si trova l ‘Italia, una magistratura incline a fare battaglia politica, il crescente imbarbarimento del nostro dibattito pubblico, la bioetica, il lavoro, la famiglia, la scuola, la riduzione della spesa pubblica, l’alleggerimento dello stato a vantaggio di politiche sussidiarie, tanto per citarne alcune, alle quali si dovrebbero aggiungere la politica estera, il Mediterraneo, la costruzione di una vera comunità europea e via di seguito. In ogni caso è soprattutto di questo che noi cattolici dovremmo parlare, quando parliamo di politica. Il pubblico decoro è un requisito importante, ma non basta. Ci vuole un programma politico.
Tratto da Il Foglio del 30 Settembre 2011