Il rapporto sul nucleare scatena le reazioni internazionali

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il rapporto sul nucleare scatena le reazioni internazionali

Il rapporto sul nucleare scatena le reazioni internazionali

06 Dicembre 2007

Comunque la si pensi, l’ultimo rapporto della
NIE (National Intelligence Estimate) è stato una bomba politica. Incuranti del presidente
George W. Bush, che da mesi parla del pericolo rappresentato dalla corsa al
nucleare iraniano, gli 007 americani hanno scritto nero su bianco che il
programma atomico di Teheran sarebbe stato sospeso nel 2003, sotto effetto
della pressione internazionale.

Secondo la Nie, insomma, non ci sarebbe alcun programma atomico segreto, anche
se Ahmadinejad ha proseguito (dichiaratamente) nell’arricchimento dell’uranio
per scopi civili: un’operazione che, in caso d’inversione di rotta, lo
porterebbe a ottenere la bomba atomica entro il 2015. Il rapporto rappresenta
anche un passo indietro rispetto a quello redatto dall’unione delle agenzie di
spionaggio nel 2005: nel documento si legge infatti che “la decisione dell’Iran
di bloccare il programma di armamenti nucleari suggerisce che il Paese è meno
determinato a sviluppare armi atomiche, come avevamo invece giudicato sin dal
2005”.
 
La portata del nuovo documento dell’intelligence segna una svolta politica non
indifferente: per l’Iran, per gli Stati Uniti e per il presidente Bush in prima
persona, per la Cina (rafforzata ora nella posizione di assoluta contrarietà a
un incremento delle sanzioni contro il regime iraniano) così come per il mondo
mediorientale. E le reazioni a caldo non fanno che confermare la sorpresa di
fronte a dichiarazioni d’intelligence senza dubbio inaspettate.
 
A gridare vittoria è ovviamente il presidente iraniano Ahmadinejad, che ha nel
corso di una manifestazione in diretta televisiva ha proclamato la sconfitta
degli Stati Uniti e ha annunciato che l’Iran proseguirà nella corsa al nucleare
civile. Alaeddin Boroujerdi, responsabile della politica estera, ha poi
affermato che “il rapporto invalida il presidente Bush e i suoi seguaci”,
sottolineando come il documento delle agenzie statunitensi “avrà effetti
positivi sull’avanzamento della tecnologia nucleare iraniana e coloro che
esercitano una pressione sull’Iran per sospendere e fermare la sua energia
nucleare saranno più isolati”.
 
Di ben altro tenore la reazione del presidente statunitense George W. Bush, che
sulla questione ha imbastito una conferenza stampa. Secondo Bush, l’Iran resta
un serio pericolo per la stabilità del Medio Oriente e per la sicurezza
mondiale in quanto sta continuando a sviluppare progressi tecnologici utili
alla costruzione della bomba. “È chiaro dall’ultimo Nie che il governo iraniano
ha ancora delle cose da spiegare sulle sue intenzioni nucleari” ha detto il
presidente dall’aereoporto di Omaha, descrivendo l’Iran come una nazione di
fronte a un bivio: Ahmadinejad può “spiegare alla comunità internazionale lo
scopo delle attività nucleari e accettare interamente la sospensione del
programma di arricchimento sedendosi al tavolo dei negoziati”, oppure può
“continuare sulla strada dell’isolamento”. Un isolamento che, secondo molti
analisti, è stato recentemente formalizzato dalla cospicua presenza di Stati
arabi alla conferenza sul Medio Oriente di Annapolis. Secondo Bush, infine, è
proprio grazie alle continue pressioni internazionali che il progetto atomico
si è fermato al 2003: fondamentale, dunque, proseguire sulla stessa linea
d’intransigenza.
 
Istituzionalmente rilevante anche la reazione di El Baradei, direttore generale
dell’Iaea (International Atomic Energy Agency) e responsabile delle trattative sul
nucleare con l’Iran. In una conferenza stampa da Brasilia, El Baradei ha
dichiarato che il documento delle agenzie d’intelligence americane “apre ora
una finestra di opportunità per l’Iran, perché l’Iran è stato in un certo senso
vendicato dichiarando di non aver lavorato per ottenere armi atomiche perlomeno
negli ultimi anni”. E a chi gli chiede se l’Iran resti una minaccia, Baradei
risponde che “in questa fase ovviamente non possiamo dare una garanzia, perché
c’è ancora lavoro da fare… Se l’Iran continua a essere un pericolo, per chi e a
quali condizioni, resta un tema da discutere al tavolo dei negoziati”.
 
Nella sua conferenza stampa da Omaha, Bush si è premurato di ricordare come
Francia, Germania, Russia e Gran Bretagna comprendano che “il nucleare iraniano
è un problema, che continua a esserlo e che va affrontato”. Il riferimento agli
alleati non è casuale: la pubblicazione del documento, infatti, rinforza quei
paesi che si sono sempre detti contrari a un incremento di sanzioni contro
Ahmadinejad e la sua corsa al nucleare. In cima agli oppositori, la Cina – che
può contare sul diritto di veto in seno al consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite –: l’ambasciatore di Pechino all’Onu, Wang Guangya, ha infatti subito
dichiarato che “ora le cose sono cambiate” e il consiglio di sicurezza dovrebbe
prendere seriamente in considerazione le affermazioni della Nie. Il legame tra
Pechino e Teheran, questo temono gli Stati Uniti, potrebbe ora pericolosamente
rinsaldarsi: non a caso un portavoce di Ahmadinejad, Gholam Hussein Elham, ha
parlato della Cina come di un “paese amico” utile per “per trasmettere la
verità sull’Iran e convincere gli americani ad un approccio realistico”.
 
Passando al Medio Oriente, le reazioni alla Nie sono molteplici. La linea di
Israele combacia sostanzialmente con quella statunitense: il premier Ehud
Olmert ha infatti dichiarato che è necessario proseguire negli sforzi –
condivisi con gli Stati Uniti – per evitare che l’Iran possa dotarsi un giorno
di armi non convenzionali. Il mondo arabo, soprattutto a mezzo stampa, legge
invece le dichiarazioni dell’intelligence come una sconfitta degli Stati Uniti
e della sua politica allarmista: da un lato, dunque, è ravvisabile la
soddisfazione (sottaciuta) per il blocco dello sviluppo atomico iraniano,
dall’altro emerge invece (questa volta ben in evidenza) la “sconfessione” del
presidente degli Stati Uniti da parte dei suoi stessi servizi segreti.