Il referendum contro il Cav. ha superato il quorum

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il referendum contro il Cav. ha superato il quorum

12 Giugno 2011

Il referendum ha raggiunto il quorum. La prima volta dopo sedici anni di flop referendari per mancanza di voti. Stavolta la gente a votare c’è andata: l’affluenza alle urne è tata del 57% e il risultato per i diversi quesiti si è attestato tra il 95-97%. Ma al netto dell’obiettivo, non c’è dubbio che questa consultazione abbia avuto fin dall’inizio una forte connotazione politica al punto che più che di nucleare, acqua o legittimo impedimento, il vero referendum era pro o contro Berlusconi. Le opposizioni, compresi i moderati del terzo polo col solito approccio felpato, ci hanno puntato molto caricando a pallettoni la macchina della propaganda politica sostenuta dalla grancassa mediatica dell’inner circle del politically correct.

Svuotato il quesito sul nucleare per mancanza di legge da abrogare (aveva già provveduto il governo) e pure quello sul legittimo impedimento la cui norma riscritta dalla Consulta decadrà a ottobre, le parole d’ordine sono ‘antiberlusconismo’ e ‘spallata’ al Cav. La stessa linea portata avanti in parlamento da sei mesi e puntualmente rimbalzata contro il muro della maggioranza. La stessa linea rilanciata nelle piazze o nelle stanze di alcune procure “politicizzate” che a colpi di dossier, si sono trasformate in una sorta di Grande Fratello pure tra le mura di Arcore. E se mai ci fosse bisogno di una conferma, basta andarsi a vedere le parole di Vendola che ieri e a urne ancora aperte, invocava un “sì per uscire dal berlusconismo”. Più chiaro di così.

Certo è che ora, passato il referendum, per il centrodestra suona un altro campanello d’allarme dopo quelli ben più sonori di Milano e Napoli. Berlusconi ripeteva da giorni che se avessero vinto i sì non ci sarebbe stata alcuna ripercussione nell’esecutivo e nella maggioranza. Vero se si guardano i numeri in campo, ma non mancano le variabili. In queste ore l’attenzione sta tutta sulla Lega, da settimane in sofferenza e alle prese con una base sempre più irritata. Ieri Bossi ha confermato che a Pontida (tra una settimana) annuncerà la soluzione per fare la riforma fiscale ma non ha risparmiato stoccate al Cav. a proposito dei quesiti referendari accusandolo di aver perso “la capacità di comunicare in tv” e anche a Tremonti (“ha abbastanza ragione”). Il leader del Carroccio deve recuperare consensi tra l’elettorato padano – in particolare artigiani, commercianti, il mondo delle piccole e medie imprese –  e per questo ha bisogno di arrivare all’appuntamento sul “sacro prato” padano con un impegno più che concreto: nulla di meglio della riforma fiscale.

I soldi? Per il Senatur è facile trovarli e peraltro ieri ha detto di “averli già trovati”, basta tagliare le missioni all’estero a cominciare da quella in Libia “costata già un miliardo” e aumentare la tassazione delle grandi banche. Solo propaganda in stile leghista? Può darsi, ma è un fatto che nel botta e risposta a distanza tra Tremonti e il ministro Maroni – il primo convinto che la via obbligatoria sia ancora quella della prudenza, mentre per il secondo oltre alla prudenza ci vuole il coraggio – segnalano che qualcosa si è incrinato pure nell’asse di ferro tra il titolare di via XX Settembre e lo stato maggiore leghista. E’ anche per questo che le prossime due settimane saranno cruciali per il centrodestra. In ballo non c’è solo Pontida, ma anche la verifica parlamentare chiesta da Napolitano. E soprattutto una riforma fiscale che non può più attendere.