Il referendum costituzionale mette a rischio le poltrone. Sì, quella di Renzi
01 Giugno 2016
Il signor Matteo Renzi, che non ha mai lavorato un giorno in vita sua se non per un breve periodo alle dipendenze del padre che lo ha promosso tempestivamente dirigente, giusto in tempo per scaricare sulle spalle dei cittadini i relativi contributi previdenziali e retribuzioni del suo (si fa per dire) pregresso lavoro quando era Presidente della Provincia e poi Sindaco di Firenze, si permette di insultare i Senatori contrari alla sua riforma costituzionale, dipingendoli come disperatamente attaccati alla poltrona da cui lui li vuole staccare “uno su tre”.
Il bugiardo di professione dimentica che il sottoscritto e i senatori del Centrodestra esattamente dieci anni fa avevano già tagliato per legge 175 parlamentari, che Renzi e il PD salvarono bocciando la riforma e confermando gli attuali numeri che lui definisce “ridicoli”.
Il no alla riforma costituzionale Renzi-Boschi non solo è indispensabile per evitare il pericolo di incomprensibili e dannose norme scritte con i piedi, ma per dare anche agli italiani l’immensa soddisfazione di vedere finalmente Matteo Renzi darsi da fare per trovare un lavoro vero.