Il referendum rompe l’asse Montezemolo-Prodi-Epifani

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Il referendum rompe l’asse Montezemolo-Prodi-Epifani

Il referendum rompe l’asse Montezemolo-Prodi-Epifani

15 Ottobre 2007

La consultazione sindacale della scorsa settimana produrrà
diversi effetti sulla società italiana e particolarmente sul suo sistema di
relazioni industriali. Uno molto positivo è senza dubbio quello della sconfitta
in campo aperto delle posizioni più massimaliste. Tra le ragioni della partecipazione
c’è stata anche la voglia di una parte dei lavoratori di dire basta alle
politiche dei veti di sindacati come la Fiom.

Senza
dubbio si è compiuta una sorta di vendetta di Savino Pezzotta, attaccato da
Sergio Cofferati per l’accordo sulla legge Biagi: i cinque milioni di
lavoratori che hanno votato, hanno seppellito i cosiddetti tre milioni di
manifestanti cigiellini del Circo Massimo. Ora se tornerà un governo di
centrodestra, un certo tipo di massimalismo della Cgil sarà molto più
difficile.

Detto
questo le conseguenze della grande consultazione sindacale non saranno tutte
automaticamente positive: da una parte la Cgil per bilanciare l’opposizione
della Fiom si è affidata al pubblico impiego di Paolo Nerozzi e Carlo Podda, e
si vedono già i risultati nei processi di razionalizzazione della spesa
pubblica. Poi l’esaltare – sia pure con alcune ragioni – il risultato della
consultazione può provocare guasti nella contrattazione: quel furbo
sindacalista massimalista, ora deputato e responsabile dei problemi per il
lavoro di Rifondazione, Maurizio Zipponi ha già detto che d’ora in poi si dovrà
utilizzare il metodo della consultazione generalizzata dei lavoratori per aprire
e chiudere qualsiasi vertenza. Una via che può portare presto a una
radicalizzazione delle piattaforme e a un’ingestibilità in molti settori delle
relazioni industriali. Infine la Fiom non esce indebolita in assoluto del voto:
da sola ha preso il 20 per cento di “tutti” i votanti, compresi i militanti di
Cisl e Uil. Mente in Cgil arrivava al 5 per cento e con le altre aree
estremiste al 13-14 per cento. Incattivita, minacciata ma in assoluto non più
debole, con la vertenza dei metalmeccanici aperta, la Fiom può far vedere molti
sorci verdi.

Luca
Cordero di Montezemolo ha festeggiato la fine della consultazione come una sua
personale vittoria (così l’ha descritta “la stampa amica”). In realtà tutta la
vicenda è stata gestita con affanno e senza avere ben chiaro dove parare: a un
certo punto il governo sulle pensioni è arrivato a escludere Confindustria
dalle trattattive. Preso atto alla fine che la strategia montezemoliana
iniziale del rapporto privilegiato con la Cgil (e in particolare con la Fiom)
era fallita, si è corsi a stringere i rapporti con la Cisl. Ma qualche guasto
resta: non per nulla tutte le aziende in tutta Italia, dalla Fiat Mirafioni
alla Fiat Melfi, alla Fiat Termine Imerense, all’Iveco, alla Ferrari, gestite o
presiedute da Montezemolo, hanno votato no.Mentre
dove la Confindustria ha avuto una linea sindacale seria, vedi i chimici, il
“sì” ha trionfato.

L’unica
consolazione per Montezemolo è che il governo è così imbrogliato e imbroglione
che i limiti di Confindustria non si notano quasi: è difficile anche solo
concepire un governo che tratta senza avere un accordo al proprio interno,
raggiunge un’intesa con le parti sociali, la fa votare da qualche milione di
lavoratori e poi la rimette in discussione.

Neanche
la Cgil è così mal ridotta: anche se ha fatto votare un anno fa dal suo congresso
una piattaforma contro la legge Biagi, la defiscalizzazione degli straordinari
e della contrattazione articolata, e si è rimangiata tutto senza neanche
consultare “prima” i lavoratori, arrivando a firmare un accordo che in prima
istanza ha definito “una porcheriola” per poi esaltarlo come una conquista
storica. Ma al di là di chi fa più brutta figura, il fatto è che l’insieme del
magnifico trio Montezemolo-Epifani-Prodi che alla fine del 2005 sembrava
dominare l’Italia, oggi è in rotta. E questo produce degli effetti nella corsa
alla presidenza di viale delle Astronomia. Chi vuole vincere, deve prendere le
distanze dal “magnifico trio”. Il povero Alberto Bombassei che per senso di
responsabilità aveva chiuso le trattative con Prodi, ora è attaccato dalla
stampa montezemoliana perché è troppo prodiano. Ed è anche questa una delle
cause dell’irrigidimento confindustriale degli ultimi giorni.