Il referendum sui minareti ha sollevato il velo d’ipocrisia sull’Islam in Europa

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Il referendum sui minareti ha sollevato il velo d’ipocrisia sull’Islam in Europa

01 Dicembre 2009

Appartengo a quella minoranza che crede che vietare l’edificazione dei minareti sia stato un grave errore. Perché non ce ne era bisogno. Per la libertà di culto. Per ragioni culturali. Ma, soprattutto, perché ogni volta che si mette nella Costituzione un’eccezione, si scherza con il fuoco. Si tradisce il principio fondamentale per cui quella carta contempla i diritti e i doveri di tutti i cittadini svizzeri. E quando, de facto, si creano delle leggi speciali, si sa dove si comincia ma non dove si finisce. Domenica è toccato ai musulmani, in futuro, chissà.

La premessa è centrale per affrontare il tema del giorno dopo. Le reazioni da ogni parte del Mondo. Reazioni intrise di indignazione per il risultato uscito dalle nostre urne nel weekend. Il Vaticano, le varie conferenze islamiche, l’Unione europea, l’Italia, la Francia, i commentatori dei più prestigiosi giornali del globo. Bene così: questo dibattito, che in fondo tratta dell’Islam in Europa, serpeggiava nel continente sotto un velo, anzi una coperta, di ipocrisia. Almeno da oggi se ne parla fuori dai denti.

La Svizzera ora dovrà adoperarsi per spiegare quanto è stato deciso. Deve accettare critiche e proteste. È la democrazia, baby. Ma guai a noi se dovessimo cedere di un solo millimetro su quanto il popolo ha deciso. Niente “calabrachismo”, ora. Sarebbe troppo facile. La democrazia diretta, con i suoi limiti e i suoi pregi, è un valore in cui non possiamo credere a correnti alterne, come alcune cicale sconfitte lasciano intendere. Si vince e si perde: ma quando c’è un risultato, non solo si accetta, ma lo si difende, pur essendo in disaccordo, perché questo ha voluto la maggioranza dei cittadini in una libera consultazione. Pagheremo le conseguenze che dovremo pagare, ammesso che ce ne saranno. E ognuno valuterà se ne è valsa la pena o no. Ma queste sono le regole del gioco. E chi non è d’accordo può sempre abbandonare il tavolo o raccogliere le firme per cambiarle. Tutto è legittimo.

Quanto alle lezioni di civiltà che ora ci piovono addosso, vien da sorridere. Non siamo né migliori e né peggiori degli altri, ma come possono Paesi che non hanno fatto votare i propri cittadini sull’adesione all’Unione Europea riempirsi la bocca di filippiche democratiche all’indirizzo della Svizzera? Ed è solo un esempio. Per non parlare di coloro che temono di aver sobillato il terrorismo: ma stanno scherzando o dicono davvero? Perché se dicessero sul serio, significherebbe che le scelte politiche di un Paese, di questo come degli altri, vanno fatte considerando la suscettibilità dei terroristi. Tanto vale consultarli, a questo punto. E questa può mai essere libertà?

Un’ultima questione. È insopportabile il giudizio, tanto superficiale quanto spocchioso, espresso da alcuni politici, giornalisti e intellettuali, nazionali e internazionali, come pure in alcuni isolotti della Rete, nei confronti degli elettori. Della maggioranza degli elettori, in questo caso. “Impauriti”, “rurali”, “xenofobi”, “stupidi”, solo per citare i più gettonati. Fino a quando chi non la pensa come la maggioranza che si è palesata nelle urne, userà questi insulti per giustificare, o peggio ancora analizzare, il risultato di domenica, dovrà contare molte altre sconfitte.

Tra chi si opposto all’edificazione dei minareti, ci sono persone intelligenti, moderate e tolleranti. E di tutte le aree politiche. Se chi ha perso non comprende che in quel voto ci possono essere anche delle ragioni, soprattutto sociali, e non si sforza di capirle, offrendo delle risposte, rimarrà sempre più solo sul suo piedistallo.

Tratto da Ticinonews.ch.