Il regime di Assad brevetta la “disinformazione di frontiera”

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Il regime di Assad brevetta la “disinformazione di frontiera”

08 Giugno 2011

Leggere certi ispirati articoli del Manifesto riguardo alla questione palestinese è istruttivo di come ci si possa far menare facilmente il can per l’aia dai regimi arabi. L’argomento è il nuovo tentativo dei palestinesi di sconfinare in territorio israeliano, nel Golan strappato alla Siria dopo la guerra difensiva condotta dallo stato ebraico nel ’67. Israele, scrive quotidiano comunista, è "sotto pressione" alle frontiere perché i profughi palestinesi in Siria rivendicano il loro "diritto al ritorno".

Al di là della terminologia utilizzata (più che sotto pressione a noi quella dell’altro giorno è sembrata una tentata invasione), si sostiene che ci sia una primavera tra i giovani palestinesi e che le centinaia di persone che hanno cercato di sconfinare sono "il naturale sviluppo del Movimento del 15 Marzo per l’unità nazionale, la rifondazione dell’Olp e per una alternativa politica alle soluzioni proposte da Hamas e Fatah". Che questa primavera possa arrivare non dovrebbe sorprenderci, visto ciò che sta accadendo nel mondo arabo, e se davvero un risveglio delle coscienze servisse a fare piazza pulita dei corrotti di Fatah e dei terroristi di Hamas ne saremmo ben lieti; ma non sarà certo un profilo Facebook segnalato dal solerte giornalista a farci prendere per buona "l’onda", almeno non ancora.

Invece proviamo a suggerire ai compagni un altro punto di vista sull’accaduto: immaginate di essere un contadino siriano, magari un poveraccio che il regime ha spostato come una pedina senza importanza negli ultimi anni e che, ultimamente, è stato ammassato insieme ad altre migliaia di individui al confine con Israele. Parliamo di grosse cifre, 250.000 persone costrette ad una transumanza dal nord al sud della Siria, e che guadagnano in media non più di 200 dollari al giorno. Cosa pensate che potrebbe mai fare quel contadino nel momento in cui il presidente Assad – il boia – gli offrisse mille dollari (cioè quello che lui guadagna in lunghi mesi di duro lavoro) per scendere da una collina e fare un po’ di casino al confine con lo stato ebraico? E se per caso ci scappa il morto, gli alawiti hanno messo un’assicurazione sulla testa della vittima. Non è una novità nelle dittature islamiche contemporanee: Saddam Hussein pagava lautamente i familiari dei martiri suicidi durante l’Intifada.

Il regime siriano ha diligentemente caricato qualche centinaio di contadini su autobus e autoveicoli e li ha trasportati in due città al confine con Israele. Quando i manifestanti sono entrati in contatto con l’esercito israeliano, l’IDF ha cercato di fermarli pacificamente (ci sono testimonianze video, non solo gli articoli "faziosi" del Jerusalem Post), intimandogli di non proseguire, ma quelli, sordi a ogni avvertimento, hanno continuato. A quel punto una pioggia di lacrimogeni si è abbattuta sulla massa di persone, che si sono ritirate disordinatamente. I soldati israeliani hanno aperto il fuoco, sparando alle gambe di chi avanzava (così ha riferito la portavoce dell’esercito di Davide).

La tv siriana a quel punto ha raccolto i frutti dell’operazione: 23 morti e centinaia di feriti! Poveri palestinesi! Israele è uno stato terrorista! La cifra dei morti è stata smentita dal ministro della Difesa Barak, che ovviamente, considerata l’acredine che circonda Israele, non ha convinto del tutto Mister Pesc, né l’Onu né la Russia, le quali hanno chiesto a Netanyahu di reagire con moderazione quando il suo stato viene invaso da uomini armati. Gli osservatori onusiani nel Golan hanno detto (senza confermarlo esplicitamente, chiederemmo troppo alle Nazioni Unite) che numerose vittime sono state provocate dal "fuoco amico": i manifestanti marciavano sui campi minati siriani e al tempo stesso lanciavano le tipiche molotov artigianali dei non violenti gandhiani, fino a quando le molotov sono cadute sulle mine e un bel po’ di profughi o contadini o quel che sia sono morti.

La Siria censura Internet ed ha rinchiuso in galera o fatto ammazzare i giornalisti scomodi, ma dopo la Naksa, per un solo giorno, la tv-megafono di Assad è diventata meglio della CNN, dando il massimo della copertura possibile agli eventi in corso. Chiaramente è disinformazione. Come avviene da decenni nel mondo arabo, Damasco ha distolto l’attenzione dei media internazionali dalla sua spaventosa repressione interna per spostarla sulla causa palestinese, sacrificandola, e alimentando la favola della spietata violenza israeliana. Preparatevi che sta arrivando la seconda Fredoom Flottilla.

C’è un indizio che va nella direzione che stiamo seguendo, e dimostra tutta l’ipocrisia degli alawiti, ma non riguarda più la frontiera con Israele bensì i confini della Siria con la Turchia. Lunedì scorso il regime di Damasco ha dichiarato che 123 dei suoi agenti sono stati uccisi nella parte nord-occidentale del Paese, attaccati, secondo le veline degli Assad, da "miliziani armati" che controllano le zone di confine con Ankara. Ieri nuove colonne corazzate dell’esercito siriano si sono dirette nel quadrante, per continuare la bonifica. Ebbene, c’è chi, fra gli attivisti della primavera araba, sostiene che i 123 poliziotti si sarebbero rifiutati di sparare sulla folla, disertando. Ed è per questo che sono stati fucilati. Non ci sorprenderebbe se un giorno Assad potesse accusare chiunque altro, magari proprio la Turchia, di averli ammazzati.