Il regime di Teheran entra a gamba tesa nelle competizioni sportive
15 Ottobre 2007
di redazione
Parafrasando
(amaramente) l’umorismo yiddish: così giovane e già anti-ebreo, il nazionale
Under 21 tedesco Ashkan Dejegah. Convocato per una trasferta in Israele, si
rifiuta di prendervi parte. La giustificazione addotta? “È una questione di
rispetto, dopo tutto i miei genitori sono iraniani”, così il centrocampista del
Wolfsburg, alla Federcalcio che gli chiede spiegazioni. Il Giancarlo Abete di
Francoforte prima s’inalbera e poi abbozza, diramando infine uno stringatissimo
comunicato. Vi si legge che la Germania del
football accetta comunque la decisione del giocatore, peraltro concordata con
il Commissario tecnico. Segue un’aggiunta che resta sul vago, accennando però a
semplici “ragioni personali” che muoverebbero Dejegah, piuttosto che
motivazioni schiettamente politiche. L’impressione è che Theo Zwanziger abbia
messo per iscritto una bugia diplomatica; spifferando al contempo una mezza
verità.
Le dichiarazioni pubbliche del calciatore nativo di Teheran sottendono
per davvero a una questione privata, anzi privatissima: nientemeno che la
sicurezza e la protezione fisica garantite ai suoi familiari. L’uscita che
piace ad Ahmadinejad rientra nella dinamica logica – certo assurda e
inquietante – alla quale uno sportivo iraniano di fama internazionale è
chiamato comunque ad ubbidire, pena le più pesanti e odiose ritorsioni. Al
minimo pretesto, dagli a Israele. Rifiutati d’ammettere il suo diritto ad
esistere, e se possibile fallo in mondovisione. Sappi proclamare la tua fedeltà
al regime anche indossando la divisa di gioco. Chissà che non verrai
ricompensato in patria, guadagnando questo merito. Al limite, di sicuro non sarà
torto capello né a te né ai tuoi cari.
15 settembre 2004, prima di Champions League. Impegnato a Tel Aviv
contro il Maccabi, il Bayern Monaco si permette di non schierare Vahid
Hashemian: formalmente per un infortunio alla schiena, sofferto all’ultimo dall’ex
Bochum. La sostanza del problema che riguarda l’attaccante, in realtà, si
rivela poi essere ben altra. Tempo tre giorni e dall’Iran trapelano alcuni
dispacci della Federazione sportiva nazionale, datati la settimana precedente.
Messi uno in fila all’altro, suonano come un avvertimento sempre più pressante
e minaccioso, indirizzato direttamente alla punta dei bavaresi: se ti unisci
alla squadra nella trasferta israeliana, “si prenderanno immediatamente i
provvedimenti del caso”, recita sibillino l’ultimo messaggio.
Leggi della querelle Dejegah e ripensi alla grana
Hashemian, variante calcistica di un episodio ricorso ormai a tanti, troppi
atleti iraniani di livello, impegnati alle Olimpiadi e in competizioni
continentali e mondiali. Rileggi le reazioni tedesche all’ultimissima dichiarazione
di guerra a Israele, trascinata in campo sportivo: e le consideri con triste
ineluttabilità, gravi e ineccepibili quali restano, com’è giusto e doveroso,
tutte le volte che si rendono necessarie. Augurandoti, sinceramente, non
debbano ripetersi mai più.