Il regime di Teheran sta implodendo fra esecuzioni, ostaggi e tortura
26 Novembre 2009
Il Presidente dell’Iraq Jalal Talabani è volato domenica a Teheran, e lunedì ha trascorso quasi tre ore in compagnia del Ministro della Giustizia iraniano Mohammed Larijani. Interpellato sulla natura del viaggio, l’Ambasciatore iraniano a Baghdad, Kazemi Qomi, ha dichiarato che Talabani necessitava di cure mediche particolari. In realtà, il Presidente iracheno ha agito da mediatore per conto degli Stati Uniti, cercando di giungere ad un accordo per il rilascio di tre giovani escursionisti americani presi in ostaggio da Teheran mesi or sono.
È molto improbabile che Talabani o chiunque altro riesca a strappare un accordo. Il regime aveva già fatto sapere al Governo americano che avrebbe rilasciato i tre ostaggi solo nell’ipotesi di uno scambio con tre disertori iraniani di altro profilo. Ma anche qualora gli Stati Uniti fossero disponibili a pagare un riscatto così elevato – ed è difficile credere che Washington lascerebbe dei suoi cittadini in balia di morte certa – servirebbe comunque l’assenso dei Paesi dove i disertori risiedono; fatto per niente scontato. In sostanza, gli sfortunati escursionisti continueranno a soffrire.
Nel frattempo, la spirale della morte che investe la Repubblica Islamica continua. C’è una serie impressionante di falliti atterraggi di aerei di proprietà o con a bordo ufficiali delle Guardie Rivoluzionarie. L’ultimo episodio riguarda un volo Teheran-Mashad, che è dovuto rientrare a Teheran e girare in tondo alla pista di volo per circa due ore bruciando carburante finché le fiamme non sono state domate. Non ci sono state vittime.
Lo stesso non si può dire nel caso di due uomini recentemente assassinati dal regime. Il più giovane si chiamava Ramin Pourandarjani, un medico venticinquenne dalla brillante carriera assicurata – si è laureato a Teheran primo della sua classe. Al momento del decesso, il 10 novembre scorso, stava lavorando nell’infame centro di detenzione di Kahrizak a Teheran, il luogo dove il regime ha praticato la tortura di massa a seguito delle proteste anti-governative di giugno. Pourandarjani aveva inizialmente rifiutato di firmare documenti dove si attestava il decesso di un dissidente per cause naturali – quando invece il giovane medico poteva osservare segni evidenti di tortura – per poi sottoscriverli solo dopo un mese di forti pressioni.
Nelle ultime settimane Pourandarjani aveva ricevuto visite da ufficiali dell’intelligence provenienti dall’ufficio della Guida Suprema Khamenei, i quali gli avevano chiesto cosa avesse visto a Kahrizak. Evidentemente aveva visto troppo. I suoi familiari sono stati chiamati e gli è stato raccontato che Ramin aveva subito un incidente stradale. Gli è stato chiesto di concedere l’autorizzazione per un intervento chirurgico, ma questi hanno rifiutato. Il giorno successivo sono stati informati che un attacco di cuore aveva stroncato Ramin, il giorno 10 novembre. Il suo corpo è stato lavato e avvolto in un lenzuolo funebre senza nessun familiare presente; dopo è stato spedito a Shiraz e lì seppellito.
Hanno cominciato a circolare quasi subito le voci di un suicidio, ma documenti recenti indicano una azione criminosa come l’ipotesi più attendibile.La vittima più vecchia si chiamava Ali Kordan, cinquantunenne, per lungo tempo uno dei membri più potenti del regime, molto vicino sia a Khamenei che al Presidente Ahmadinejad. Così come molti altri oggi al vertice dell’apparato statale, Kordan era una Guardia Rivoluzionaria dai molteplici incarichi, fino a raggiungere una breve notorietà nel 2008, quando fu nominato Ministro dell’Interno. L’iniziale opposizione alla nomina di Kordan fu sconfitta quando Khamenei spedì una lettera al Parlamento insistendo per la sua conferma, ma Kordan fu comunque costretto a dare le dimissioni in agosto dopo che emerse lo scandalo della falsificazione della sua laurea honoris causa presso l’Università di Oxford.
La AP riporta che “secondo il resoconto fornito dai giornali iraniani e dalle agenzie di stampa, Kordan è deceduto a causa di un arresto cardiaco domenica dopo settimane di trattamenti per problemi a polmoni e pancreas”, mentre Wikipedia ci dice che “Kordan è morto di mieloma multiplo all’ospedale Masihe Daneshvari di Teheran il 22 novembre. Soffriva inoltre di influenza nonché di emorragia celebrale”. In realtà Kordan è stato assassinato. Non solo sapeva troppo; aveva preparato un devastante dossier contro il regime ed era intenzionato a disertare. Non si conosce la sorte di tutti i documenti che Kordan pensava di portare con sé.
Questi due delitti ci raccontano chiaramente del panico che affligge il regime. La prossima importante dimostrazione dell’opposizione è fissata per il 7 dicembre, e già i tentativi di intimidazione sono ben visibili. Questo venerdì sette milioni di basiji marceranno in occasione della “Settimana dei basiji”. Ora, telefoni cellulari in tutto il Paese hanno ricevuto questo messaggio di testo: “Tu sei stato identificato come uno dei partecipanti ai raduni post-elettorali e devi astenerti dal prendere parte ad altri raduni da oggi in poi”. La campagna intimidatoria non è stata condotta in modo così efficiente, se è vero che anche Ahmadinejad ha ricevuto lo stesso messaggio, così come un panettiere del Khuzestan, nel profondo sud del Paese.
Intanto, cercando disperatamente di ottenere un briciolo di legittimità, Ahmadinejad è volato in Africa e America del Sud. Ma serve molto più di qualche bel discorso pronunciato da leader stranieri – o del finanziamento nelle università americane di studenti simpatizzanti del regime – per salvare la sua posizione. Alireza Zakani, parlamentare di spicco nonché sostenitore del regime, ha pronunciato un discorso che conferma effettivamente le accuse di brogli elettorali che il leader dei Verdi Mir Hossein Mousavi non si stanca di ripetere da giugno.
Secondo Zakani – il cui discorso ha fatto una breve apparizione in un sito ufficiale per poi scomparire – la frode sarebbe stata confermata dal presidente del Parlamento Ali Larijani e dall’ex Presidente Hashemi Rafsanjani nei giorni immediatamente successivi al 12 giugno alla presenza dello stesso Khamenei. Questi sono sviluppi davvero esplosivi, e dei quali siamo certi sentiremo notizie nei giorni a venire.
Tratto da pajamasnedia.com
Traduzione di Emanuele Schibotto