Il rimpasto di Zapatero non fa cambiare rotta all’economia spagnola

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Il rimpasto di Zapatero non fa cambiare rotta all’economia spagnola

21 Ottobre 2010

Un esecutivo per la Spagna quasi nuovo di zecca. Il premier Zapatero sembra finalmente consapevole d’essere stato a un pelo dalla crisi di governo che avrebbe portato alle elezioni anticipate e ha finalmente deciso per quel rimpasto tanto chiesto dall’opinione pubblica. Un segnale del direttivo di Madrid che, in realtà, rivela tutt’altro che un cambio di rotta della gestione del Paese: si tratta, infatti, dell’ennesima mossa politica di facciata in vista delle elezioni regionali che partiranno il prossimo novembre.

La pressante richiesta di elezioni anticipate muoveva da più necessità. La crisi economica che ha portato a un tasso di disoccupazione al di sopra del 20 per cento con ulteriori prospettive di crescita; le difficoltà che trovano le piazze spagnole a riconquistare la fiducia dei mercati finanziari nonostante l’approvazione delle misure d’austerity e della riforma del mercato del lavoro; e l’immagine di un esecutivo socialista sempre più disunito, incoerente e incapace di gestire la crisi hanno fatto lievitare i malumori degli spagnoli. Negli ultimi due anni e mezzo di governo, Zapatero è riuscito ad accumulare non solo le richieste di dimissioni del PP ma anche le durissime critiche di molti ambienti economici (tra i quali anche il potentissimo banchiere Botín e dell’ex ministro socialista e attuale commissario europeo Joaquín Almunia) e dei sindacati e organizzazioni sociali da sempre vicine al PSOE.

Nel rimpasto di ieri Zapatero non ha fissato come priorità le principali necessità del Paese (cioè la creazione di posti di lavoro e la ripresa economica). La ricomposizione del governo ha infatti l’unico scopo di curare le ferite interne al partito in vista delle prossime elezioni amministrative. L’obiettivo ultimo è quello di ottenere i voti necessari per mantenere in piedi il governo, almeno fino al 2012, e di scongiurare così una delle più imbarazzanti catastrofi elettorali degli ultimi decenni (per di più preannunciata dal socialista José María Barreda, presidente della Comunidad de Castilla-La Mancha, che da tempo chiede cambi sostanziali al governo).

Come si legge in un editoriale del quotidiano “El Mundo”, negli ultimi anni il governo ha subito due metamorfosi e nessuna di esse è stata davvero voluta dal presidente del Gobierno. La prima, spiega il giornale, è quella di natura economica avvenuta nel maggio scorso: messo alle strette dai mercati internazionali, Zapatero si è dovuto rimangiare gran parte delle sue promesse elettorali per scongiurare il collasso dell’economia spagnola sulla scia di quella greca. La seconda – quella in atto – è strettamente politica e forzata dalle circostanze: il premier iberico si è trovato infatti l’opposizione anche in casa e la pioggia di critiche non ha giovato di certo l’azione dell’esecutivo.

Non è un caso che nella squadra di governo sono state escluse quelle figure che hanno creato frizioni e forti critiche da parte dallo stesso Partito Socialista ma che, d’altro canto, erano la punta di diamante della “politica creativa” di Zapatero, poi risultata fortemente deludente. La nuova formazione, infatti, punta a dare un’immagine più seria e fiduciosa al governo, lasciandosi dietro quei personaggi "chiacchierati" e abolendo quei ministeri simbolici e ideologici della sua politica (come il ministero dell’Uguaglianza e quello degli Alloggi), che poi si sono scoperti alquanto inutili.  

L’esempio più lampante di questa metamorfosi è il ritorno del “felipista” Alfredo Pérez Rubalcaba che, 15 anni dopo, viene rispolverato al vertice di un ministero (quello degli Interni, dove era vicepresidente) guadagnando anche il ruolo di portavoce e di primo vicepresidente del Governo. Il suo compito sarà quello di raccogliere, entro il 2012, i frutti elettorali della lotta contro ETA. Entra in gioco anche Ramón Jauregui come ministro della Presidenza, una figura che non ha mai nascosto gli attriti nei confronti del premier ma che, d’altro canto, gode del rispetto del partito (non a caso si occuperà del coordinamento dell’esecutivo). La 34enne Leire Pajín, invece, è stata tolta dai vertici organizzativi del PSOE, dove non era particolarmente apprezzata, e messa alla guida del ministero della Sanità.

Spariscono dall’esecutivo, invece, la “pasionaria” María Teresa Fernández de la Vega, primo vicepresidente del governo, e le titolari dei due ministeri inventati da Zapatero e tanto contestati: Bibiana Aído y Beatriz Corredor. La prima è l’autrice della famosa legge che permette alle minorenni di abortire senza il consenso dei genitori e che si vanta d’aver inventato frasi che passeranno alla storia (come “il feto è un essere vivo ma non è un essere umano” o che, sotto l’egida del femminismo propugnato dal suo ministero, ha declinato la parola “membro” del governo in “membra”, contagiando anche lo stesso premier); ma non solo, tra le altre cose per cui verrà ricordata c’è il finanziamento a “biblioteche per donne” e a centri di orientamento sessuale per adolescenti, la riscrittura delle fiabe in chiave femminista e l’attivazione di un numero verde per risolvere dubbi dei maltrattatori.

Ma Zapatero le ha pensate tutte e nella nuova scacchiera c’è spazio anche per la riappacificazione politica con altri schieramenti. Al posto di Elena Espinosa, ministro dell’Ambiente, è stato nominato l’ex sindaco di Cordoba Rosa Aguilar, prima membro di Izquierda Unida (la sinistra radicale spagnola che non solo è eurocomunista ma è anche apertamente repubblicana) e oggi politico indipendente che non appartenente al PSOE. La ciliegina sulla torta però è quella del cambio ai vertici del ministero del Lavoro. Ad ottenerne la guida è Valeriano Gómez, ex segretario generale del Lavoro e figura vicina al sindacato di sinistra UGT. Con queste due mosse Zapatero ambisce con un solo colpo a rubare qualche voto dell’estrema sinistra e a fare l’occhiolino alle organizzazioni del lavoro, le stesse che sono scese in campo lo scorso 29 settembre per protestare contro la riforma del lavoro con uno sciopero generale.

Ora la questione è capire se la nuova squadra di governo sarà capace di dare davvero una svolta alla guida del Paese. Il fatto che il segretario generale del partito d’opposizione, María Dolores de Cospedal, sia stata pizzicata da un microfono acceso dei giornalisti mentre ammetteva che il nuovo esecutivo è migliore del precedente “dal punto di vista della proiezione pubblica” dà qualche speranza ai socialisti. E’ vero però che aver lasciato intatto il ministero dell’Economia di Elena Salgado nonostante finora non ci siano stati segnali di ripresa economica e la scelta di Valeriano Gómez al dicastero del Lavoro, per molti è il presagio di una nuova fase schizofrenica della politica di Zapatero: infatti, il nuovo ministro del Lavoro – una posizione strategica per la ripresa spagnola – appena qualche giorno fa si trovava in piazza a manifestare contro la stessa riforma che d’ora in poi dovrà difendere con le unghie. Insomma, il secondo round del premier Zapatero sembra proprio partire col piede sbagliato.