Il rischio default spagnolo ci dice che Maastricht ha giovato solo a Berlino

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Il rischio default spagnolo ci dice che Maastricht ha giovato solo a Berlino

20 Luglio 2012

La Spagna è a serio rischio di finire sulla strada del default finanziario, già seguita mesi fa dalla Grecia. Nelle ultime ore si fa sempre più concreto il rischio di dissesto, dopo che il ministro delle finanze ha dichiarato pubblicamente che, se la Spagna è riuscita ad evitare il mancato pagamento dei servizi pubblici negli ultimi giorni, è stato soltanto grazie all’acquisto dei titoli di stato spagnoli da parte della BCE.

Che oramai la Spagna non fosse più in grado di autofinanziarsi era cosa nota da tempo. L’allarme era stato lanciato quando gli spread avevano passato la soglia dei 550 basis points, individuata dai mercati finanziari come quella oltre la quale un paese non è più autosufficiente. E’ stato così per la Grecia, è così anche per la Spagna, il cui spread ha toccato nella giornata di oggi i 607 basis points, nuovo record storico.

Il paese non ha le risorse sufficienti per uscire dalla crisi, dopo che la bolla speculativa sull’immobiliare aveva illuso molte persone che l’economia spagnola potesse essere considerata a tutti gli effetti a livello delle altre economie europee più avanzate. Scoppiata la bolla, sono emersi tutti i problemi strutturali che il governo di Madrid non ha mai saputo risolvere. Una economia che non ha certo le caratteristiche di produttività e tecnologia per competere con le altre.

Un mercato del lavoro da sempre caratterizzato da un tasso di disoccupazione più alto della media degli altri paesi europei. Un sistema bancario con enormi problemi di capitalizzazione, tanto che nelle ultime ore i ministri delle finanze europee hanno dato il via libera ad un piano di aiuti pari a 100 miliardi di euro, di cui 30 miliardi già nei prossimi giorni per ricapitalizzare il sistema bancario spagnolo, oramai allo stremo, mentre gli altri 70 miliardi verranno concessi solo a seguito dell’effettuazione degli stress test sulle banche spagnole. Ma è chiaro oramai che l’Unione Europea tema che la crisi bancaria si propaghi dai paesi mediterranei a quelli continentali, dato l’elevato livello di interdipendenza tra i vari paesi.

Avevo contestato il modo grossolano e superficiale con il quale l’Unione Europea, per volontà soprattutto della Germania, aveva tentato di quantificare l’ammontare del prestito da concedere alla Grecia nel 2010. Quel modo si rivelò infatti errato, in quanto i 110 miliardi di euro iniziali non furono sufficienti per salvare Atene dalla catastrofe. E’ giusto contestare, analogamente, il modo in cui Bruxelles sta intervenendo in Spagna. I

l salvataggio greco deve essere utilizzato come modello da non imitare, un coacervo di errori grossolani sia relativamente alla quantificazione del piano d’intervento, sia in relazione alle condizioni richieste per la concessione del prestito. L’idea di subordinare il salvataggio a manovre lacrime e sangue ha soltanto creato un effetto avvitamento, locuzione oramai celebre con la quale si identifica una politica economica che produce effetti depressivi a getto continuo sull’economia di un paese.

Una trappola che scatta quando un paese si accorge improvvisamente che è poco virtuoso e che deve mettere a posto il proprio bilancio ricorrendo a tagli draconiani e ad un aumento di tasse. Da questo punto di vista, i diktat di Berlino, vero responsabile della medicina sbagliata fatta somministrare al vecchio continente, assomigliano al canto delle sirene di Ulisse; attrae, convince e se lo segui rimani imprigionato in una morsa letale.

La Germania è sempre più egemone nella politica europea, dettando oramai unilateralmente regole e politiche economiche che stanno affossando economie e culture intere. Anziché sedersi attorno a un tavolo e discutere dell’unica riforma seria che in questo momento potrebbe salvare l’Europa, quella relativa alla ridefinizione del ruolo e dei poteri della BCE, Berlino si ostina a puntare tutto sul rigore fiscale, nella paura che perdere il controllo dell’istituto di Francoforte possa significare perdere il giocattolo dell’Euro che attualmente sta manovrando a suo piacimento e che, deve essere chiaro, sta facendo svalutare perché in questo modo le esportazioni tedesche possono prendere il volo, per il semplice fatto che in Europa i concorrenti stanno tutti scomparendo.

Nessuno, in questo momento, ha la forza per opporsi allo strapotere tedesco e alle sue regole parossistiche. Gli altri paesi pagano amaramente la loro incapacità di essersi opposti alla Germania allorché le regole dell’Euro furono stabilite. Era giusto dire no allora, a regole che Berlino si era costruite su misura per la propria economia. In questo momento, tutti stanno realizzando qual’era il reale intento tedesco.

Tutti, all’inizio degli anni Novanta, avevano capito che la finanza pubblica era insostenibile. Ma l’averla voluta cambiare secondo le regole scritte nel trattato di Maastricht ha portato l’Europa (Germania a parte) alla rovina. L’obiettivo dichiarato della costituzione della Nuova Europa doveva essere quello della crescita sostenibile. Si è risolto, a distanza di un ventennio, in un situazione di decrescita insostenibile. E’ quando la storia si chiederà il perché si sia arrivati a questa clamorosa eterogenesi dei fini, dovrà ancora una volta puntare il dito contro la Germania e contro la sua visione socialdemocratica dello Stato.