Il ritiro di Fassino

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Il ritiro di Fassino

21 Agosto 2005

Ariel Sharon può finalmente dormire sonni tranquilli. Già lo si vede, nelle occasioni pubbliche, un poco più disteso, rispetto ad esempio al volto terreo e contratto che aveva in occasione del discorso alla nazione di qualche giorno fa. Finalmente infatti è giunto un segnale positivo dopo tanti giorni bui e crudeli. Fonti vicine al primo ministro suggeriscono che la svolta si è avuta quando Sharon ha potuto dare un’occhiata alla rassegna stampa estera preparata dal suo staff, e in particolare quando ha visto i giornali italiani.


La notizia che Piero Fassino, segretario dei Ds, abbia dato il via alla sua riabilitazione nella sinistra italiana è stato il lenitivo ai tanti momenti difficili di questo ultimo periodo. Sharon se ne è sentito rinfrancato e felice: aspettava un segnale del genere attraverso i tanti dubbi e i momenti di sconforto del tragico ritiro da Gaza. E quel segnale è infine arrivato. Fassino lo ha ampiamente gratificato, definendolo “coraggioso”. Ed ha anche ricordato un evento che a Sharon è rimasto nel cuore: «Quando  venne in Italia nel 2003 (sic!) accettai di vederlo, e oggi si capisce perché”.


Eppoi non si tratta solo di Fassino, ma di tante voci autorevoli che stanno scuotendo sin dalle fondamenta la sinistra italiana. Che dire di quelle generose considerazioni di Furio Colombo e di Giuseppe Vacca, anche loro così amichevoli e importanti. Il vento gira anche in Italia e Sharon non poteva essere più felice. Altre voci sono attese, magari al rientro dalle vacanze, e saranno pur sempre gradite.


Certo quel paragone con William de Klerk lo ha lasciato un poco perplesso. Voleva forse Fassino paragonarlo ad un primo ministro razzista e per anni fautore dell’apartheid verso i neri sudafricani? Certo che no. I suoi lo hanno convinto: si tratta solo di un modo sottile per candidarlo al Nobel.