Il ritorno di Dibba

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Il ritorno di Dibba

21 Aprile 2020

di Frodo

Con quel suo fare da studente di ritorno dall’Erasmus, Alessandro Di Battista ha di nuovo aperto il sipario del vaffanculo. Peccato che questa vola ci abbia mandato l’Occidente intero. L’eclissi dello scanzonato ex parlamentare purtroppo è durata il tempo di un corso di falegnameria o poco più. Dai, onore al vero: non c’è stata solo segatura nel nascondimento del più battagliero dei grillini.
Dell’eclissi di Dibba sappiamo qualcosa perché Dibba stesso ce l’ha voluta raccontare per un po’ di tempo via social: dai progressi familiari ai progetti giornalistici. Grazie per l’accurata cronaca, ma non ce n’era troppo bisogno. E poi c’era tutta quella suspense vaffanculista: tornerà? Tornerà per “prendere le redini” del MoVimento? Tradirà il suo amico Gigino? Batterà bandiera liberiana? Siamo contenti che la domanda conosca finalmente una risposta.
Faceva del resto parte dei quesiti del grillino medio, che aveva riposto le sue speranze nelle verve movimentista di chi non si è mai voluto mischiare al sistema. Diceva Pietro Nenni che chi gareggia per la gara del più puro finisce con l’essere impurato. Adesso è un po’ presto per capire se Dibba verrà impurato. Ma insomma la regola di Nenni ha una certa validità scientifica.
La ratio del come back, semmai, è questa indicazione geopolitica che ci vorrebbe tutti accoccolati alla Cina, prossima vincitrice di quella “guerra mondiale” che Pechino “vincerà” senza bisogno di sparare. Non è che Conte e Di Maio stiano brillando per atlantismo, ma tant’è: Dibba ha indicato ai gialli dei giallorossi la strada da percorrere.
Un abbraccio alla Cina – dice il nostro – e dunque un abbraccio intriso di seta, pipistrelli, pangolini, serpenti, tempistiche epidemiche che non tornano, conteggi su contagi e decessi al ribasso, mancanza di trasparenza segnalata da buona parte del cosiddetto fronte occidentale, medici e ricercatori che scompaiono e così via.
Un abbraccio, insomma, contrario a quello che la logica di parte prescriverebbe. E mentre la Francia di Macron e gli Stati Uniti di Donald Trump si interrogano sulla eventuale sussistenza di un errore umano o di qualche accadimento non rilevato e non comunicato dai cinesi attorno alla diffusione del Covid-19, l’Italia dovrebbe schiacciarsi sul “dragone”, mandando a quel paese, appunto, la possibilità di domandare il risarcimento a quel cuoco che potrebbe aver cucinato e servito pipistrelli al posto di spaghetti al vapore.
Lo stesso cuoco che, dopo averci trattato molto male e mentito sullo stato della cucina, ora mirerebbe anche all’acquisto del tavolo su cui siamo seduti.
Ma Dibba – lo abbiamo appreso negli anni – è un teorico del multilateralismo. Un modo edulcorato di sostenere il dominio geopolitico del regime cinese nel mondo. La speranza è che da queste parti, i falegnami che costruiscono ponti di ebano per gli interessi altrui, vengano prima o poi mandati a quel paese. In Erasmus, eh.