Il “sacco di Roma” è solo la punta dell’iceberg di una politica dell’odio

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Il “sacco di Roma” è solo la punta dell’iceberg di una politica dell’odio

17 Ottobre 2011

 

E’ corretta la rappresentazione del ‘sacco di Roma’ che ne ha dato, il giorno dopo, quasi tutta la grande stampa? Come se una pacifica manifestazione  di famiglie e di giovani impegnati a protestare contro la crisi, il capitalismo, la Bce e il governo Berlusconi (che non manca mai) fossero stati colti di sorpresa nel trovare tra le loro fila alcune centinaia di black bloc i quali sono riusciti (che potenza di fuoco però!) a devastare alcuni quartieri della capitale e a tenere testa per lunghe ore ai reparti delle forze dell’ordine, il cui addestramento ha consentito, insieme ad un bel po’ di fortuna, di evitare più gravi tragedie (ricordate la profezia di Antonio Di Pietro sulla possibilità che <ci scappi il morto> ?).

Come tante altre volte,  l’analisi più seria di una delle giornate più fosche della storia recente è quella di Stefano Folli su Il Sole 24Ore di ieri, quando ha denunciato le inaccettabili ambiguità del movimento degli <indignati>. “Ma siamo sicuri – ha scritto Folli – che non esista una zona grigia piuttosto ampia di persone che hanno deciso di stare <né con lo Stato né con i black bloc>. Persone che non sanno o non vogliono distinguere le loro responsabilità da quelle dei guerriglieri prima degli incidenti e non dopo, quando è obbligatorio ed anche facile>. Eppure, un esponente del Pd come Stefano Fassina, che sabato era in piazza, ha commentato così quegli avvenimenti: <Ma prestare attenzione a quella domanda sociale è il modo più efficace per arginare la violenza. Solo andando incontro alle loro richieste si evitano scontri futuri>. Tralasciamo per amor di patria ulteriori commenti su espressioni inaccettabili ed offensivi per quei poliziotti, carabinieri e guardie di finanza (si vede che Fassina versava in un particolare stato di agitazione) che si sono comportati con grande responsabilità mettendo a rischio la propria incolumità: <Piuttosto mi è sembrata discutibile – ha aggiunto – la gestione della piazza.  Chiederemo conto al ministro Maroni>.

Stefano Fassina è il responsabile economico del Pd, persona di fiducia del segretario Bersani. Se nella prossima legislatura la sinistra dovesse vincere le elezioni potrebbe avere incarichi di governo importanti. Ebbene, come farebbe il neo ministro Fassina ad ascoltare la domanda sociale  proveniente da quella piazza? Sospenderebbe i lavori della Tav in Val di Susa estraniando il Paese dalle nuove vie del traffico continentale? Oppure aderirebbe alla linea di politica economica anticapitalista <sia pure in forme ‘naives’ e contradditorie> che dall’altra sponda dell’Atlantico è arrivata in Europa, mutuando dalla Spagna una nuova moda – quella degli indignados, appunto – raccolta dai professionisti di tutte le proteste? Crede davvero il nostro che sia fattibile una linea di cancellazione del debito pubblico (o come, dicono i pochi acculturati tra gli indignati, di ristrutturazione dello stesso mediante una nuova Bretton Woods) affinché si possa continuare a vivere felici al di sopra delle nostre possibilità, andare in pensione a 50 anni e ad occupare un posto a vita? 

Per questo ‘movimento’  i responsabili della crisi sono presto individuati con una semplicità disarmante: le banche, gli speculatori, come se fossero delle Spectre intriganti e criminali e non i raccoglitori dei risparmi di milioni di famiglie e l’espressione delle loro preoccupazioni. E, alla fine, se proprio è necessario trovare qualche responsabilità in più, c’è sempre il governo Berlusconi, tanto che si possono gettare uova contro la Camera dei Deputati rea di avergli votato la fiducia. I black bloc non sono dei marziani venuti da un mondo lontano; sono parte integrante di questo ‘movimento’ che è poi la trasformazione di altri ‘movimenti’. Non li vediamo comparire, questi delinquenti comuni, nelle manifestazioni sindacali dove la domanda sociale è sicuramente più forte e più giustificata. Li vediamo in Val di Susa, li abbiamo visti per le strade di Roma il 14 dicembre 2010, quando il ‘movimento’ allora schierato contro la riforma Gelmini (con Bersani che saliva sui tetti degli Atenei), si preparava a celebrare in piazza la caduta di Berlusconi in Aula. Golpe nelle istituzioni, golpe per le strade: ambedue sconfitti da un voto democratico.

Non sappiamo quale sarà la sorte del nostro povero Paese. Di certo sappiamo che il sentimento della piazza di sabato era solo l’odio. E dall’odio possiamo aspettarci di tutto.