
Il Senato dice no all’arresto di Tedesco e salva il Parlamento

20 Luglio 2011
di A.R.
Il Senato ha respinto, con votazione a scrutinio segreto, la richiesta per gli arresti domiciliari avanzata dalla magistratura barese nei confronti del senatore Alberto Tedesco del Gruppo misto (ex Pd). Sono stati 151 i no, 127 i sì e 11 gli astenuti. Nelle dichiarazioni di voto, i gruppi Pd, Lega, Idv, Api-Fli e Udc si sono espressi a favore dell’arresto, mentre si sono schierati contro Coesione nazionale e il Pdl.
Quella di oggi a Palazzo Madama è una cronaca densa di tensioni e polemiche. Sia sulle modalità del voto che sul merito della decisione che i senatori sono stati chiamati a prendere. Nel suo intervento in Aula, il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, ha chiesto che si procedesse alle votazioni con voto segreto e che non si acconsentisse ad un arresto che sarebbe ingiusto per Tedesco e rappresenterebbe un fatto grave per le istituzioni parlamentari, "perché annullerebbe il giudizio politico facendolo coincidere con il giudizio penale, per giunta con rito abbreviato". Per Quagliariello "il senatore Tedesco avrebbe preteso che il Senato lo assolvesse dandogli la patente del "perseguitato", o in alternativa votasse a favore del suo arresto. Noi non possiamo assolverlo – dice – perché non siamo un tribunale e non riteniamo che sia un perseguitato, ma difendiamo le sue prerogative perché in questo modo difendiamo il Parlamento, le istituzioni, lo Stato. E lo facciamo da avversari, esprimendo il giudizio più pesante possibile sul suo operato politico e sulla gestione della sanità pugliese". Del resto, continua Quagliariello, "se avesse voluto consegnarsi Tedesco avrebbe avuto una strada diretta: dimettersi e farsi arrestare, senza pretendere dal Senato l’abbattimento dell’ultimo residuo contrappeso nel rapporto tra la giustizia e le istituzioni rappresentative della sovranità popolare". Quanto al sentimento fortemente avverso alla casta che negli ultimi tempi sta fomentando molti animi, per il vice capogruppo dei senatori Pdl "l’antipolitica non si può sfamare dandole in pasto le istituzioni, o consegnando alla magistratura la facoltà di intaccare l’integrità del plenum delle Camere e dunque determinare l’esistenza o meno delle maggioranze e la sopravvivenza dei governi".
Insomma, per Quagliariello, ancora una volta, ad essere in questione è il rapporto tra politica e giustizia e la serie di pesi e contrappesi che in una democrazia parlamentare vanno tutelati prima di tutto nell’interesse del Paese.
Opposte le posizioni del Pd che, per voce della capogruppo Anna Finocchiaro, si esprime a favore sia dell’arresto che del voto palese, "che non significa in nessun modo coartare la libertà di coscienza di nessuno". Una posizione che accoglie, peraltro, la richiesta dello stesso Tedesco, che nel suo intervento di difesa in Aula aveva invitato i senatori a dire "sì alla richiesta di arresto" della magistratura e a farlo "in modo trasparente, mettendoci le facce, senza ricorrere al voto segreto". Una richiesta fatta nonostante continui a proclamarsi totalmente innocente: "La sede naturale per dimostrare la mia estraneità ai fatti contestatimi è la sede del processo", dice Tedesco.
Tuttavia, subito dopo le votazioni, ai giornalisti che lo incalzano sulla richiesta di dimissioni arrivata dal centrodestra, Tedesco risponde con una battuta: "Non faccio il dimissionario per professione". Mentre faceva queste dichiarazioni alla stampa, Tedesco è stato avvicinato dal senatore della Lega Nord Cesarino Monti, che lo ha apostrofato ad alta voce: "Se sei un uomo devi dimetterti, altrimenti non sei un uomo". C’è stato un breve battibecco tra i due, ma l’ex senatore del Pd non ha perso la calma ed ha ribadito che non è affatto un suo dovere dimettersi. "Sono stato mandato qui – ha detto subito dopo Tedesco – dai cittadini. Appena ho saputo dell’inchiesta nei miei confronti ho lasciato l’incarico di assessore della sanità della Puglia, unico incarico che potevo lasciare". Il senatore ha infine assicurato che il fatto di rimanere in Parlamento non pregiudicherà minimamente "il suo impegno a mettersi a disposizione della magistratura".
Ma a chiedergli le dimissioni, adesso, è anche il leader dell’Idv Antonio Di Pietro: "Il senatore Alberto Tedesco sia coerente con se stesso e non accetti il salvagente-trappola propostogli dal Pdl, che lo ha salvato giudiziariamente per affossare politicamente la coalizione del centrosinistra. Si dimetta e si faccia giudicare dalla magistratura". Laconico il commento del segretario del Pd Pierluigi Bersani alle domande dei cronisti, che gli chiedono se adesso Tedesco debba dimettersi oppure no: "Vedremo nelle prossime ore quali saranno le sue riflessioni".
Nel frattempo, è polemica anche sui numeri usciti dalle votazioni. L’aula del Senato ha respinto la richiesta di arresto nei confronti del senatore Alberto Tedesco con 151 no, 127 sì e 11 astenuti. Ma andando a vedere le dichiarazioni in aula dei gruppi parlamentari i conti non tornano e, anzi, la richiesta di arresto avrebbe dovuto essere accolta. In Aula infatti si sono dichiarati per il sì all’arresto Pd, Idv, Lega, Udc, per il terzo polo Api-Fli, contro Pdl e Coesione nazionale. Dunque, tra maggioranza e opposizione è un fiorire di accuse reciproche su chi avrebbe tradito le indicazioni del gruppo. Per Domenico Gramazio (Pdl) sarebbero 24 i senatori dell’opposizione che hanno detto no all’arresto, mentre per la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro i numeri parlerebbero chiaro e sarebbe la Lega ad aver votato no.
Un dibattito, quello sui numeri, che con tutta probabilità andrà avanti anche nei prossimi giorni. Intanto, dal vertice del Pdl al Senato sono arrivati già i primi segnali della discussione che si sta aprendo anche all’interno della maggioranza. Per il capogruppo Maurizio Gasparri, infatti, "sicuramente ci sono stati anche voti della Lega", oltre ad "alcuni del Pd". Anche per Gasparri, insomma, "i numeri del Senato sono chiari".