Il significato politico di 15 anni dominati dalla personalità di Silvio Berlusconi

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Il significato politico di 15 anni dominati dalla personalità di Silvio Berlusconi

21 Settembre 2010

Mentre si avvicina con rapidità il giorno in cui il Governo presenterà alla Camera i suoi attesi cinque punti per la fiducia, è urgente riflettere sul significato politico di oltre un quindicennio, dominato senza dubbio dalla personalità di Silvio Berlusconi. Certo, come ripeteva Sofia Vanni Rovighi, le cime alte si vedono meglio in lontananza. E oggi lanciarsi in un’interpretazione è quanto mai azzardato. Tuttavia, alcune osservazioni devono essere fatte, se non altro per sgombrare il campo a fuorvianti linee di lettura.

 

La genesi del berlusconismo è avvenuta nei mesi che precedettero le elezioni politiche del 1994. Nella fase più caotica dalle indagini di Mani pulite, egli mise in piedi rapidamente l’organizzazione di Forza Italia. Ma qual è stato il senso del suo imprevisto e duraturo consenso di massa?

La risposta è celata tra le macerie della classe dirigente di allora. Nei cinquant’anni precedenti i partiti avevano dominato la scena, costruendo una distanza incolmabile tra la logica puramente speculativa e un po’ accademica dei notabili e la società civile. Berlusconi ha incarnato a pieno il superamento del dualismo partiti-popolo, scosso dalle violente campagne giudiziarie. La politica, ad un tratto, da scienza astratta si è scoperta pratica effettiva del potere, gestione fattiva della cosa pubblica. Perciò è banale definire il berlusconismo una forma di demagogia, perché con lui è il popolo stesso che si è appropriato democraticamente delle istituzioni, e non viceversa. Oltretutto, è impossibile essere sobillatori a tempo indeterminato.

Come ha spiegato don Gianni Baget Bozzo, con Berlusconi l’Italia si scopre fondata non sul solenne accordo costituzionale, ma sul tangibile esercizio della libertà.

La reazione dell’apparato fu fortissima. Tanto che, dopo il ribaltone, nel 1996 Prodi vinse le elezioni e Berlusconi fu costretto all’opposizione. Il quinquennio successivo è stato il periodo d’oro del berlusconismo. Forza Italia ha rinsaldato il suo legame con AN, sdoganandone l’origine missina in modo definitivo. Inoltre, l’obiettivo concreto di rendere coscienza collettiva l’alternativa ai restauratori ulivisti ha avuto la sua riuscita più convincente e penetrante nel connubio con la Lega. L’apoteosi all’opposizione è segno di notevole potenza. Berlusconi diviene l’uomo della folla, senza essere né populista né qualunquista. Gli manca decisamente il distacco dai difetti della gente, ed è troppo vulnerabile e movibile per stilizzarsi in un genere.

Nel 2001 arriva la vittoria e inizia l’esperienza reale di Governo. L’obiettivo è chiaro ma complicato. Passare nelle istituzioni non è come guidare una macchina, implica un allontanamento dal mare mistico della normalità per assurgere nel pantheon asettico della rappresentanza. Il progetto di cambiare la Costituzione, annullato poi dal referendum, riassume l’esigenza di abrogare la gabbia istituzionale che imbriglia la pronta decisione e l’energia personale. L’esperienza all’esecutivo, d’altronde, è un ineluttabile sbocco e un deleterio meccanismo di sottrazione dell’ossigeno vitale. La recrudescenza della politica detronizzata riemerge in seguito con la vittoria dell’Unione nel 2006, presto ribaltata dopo soli due anni d’agonia.

Come non vedere nella genesi predellinesca del Popolo delle Libertà la duttile capacità di assorbire le differenze politiche nell’energia della gente?

Al punto in cui ci troviamo oggi, dopo la crepa dei finiani e davanti alla nuova fase che presto o tardi si aprirà, resta un’osservazione sul passato e una previsione futura. E’ stato detto che la destra di Fini è quella moderna, liberale, giscardiana, rispetto all’antimoderna leadership peronista dal Cav. Difficile a credersi: troppo banale per apparire soltanto verosimile. Anche perché si deve tener conto di un più ampio sfondo volutamente liquidato. Tra i tanti anagrammi il berlusconismo ha garantito una visione netta in materia etica, visibile nella legge sulla procreazione assistita, nel Libro bianco di Sacconi sul lavoro e nel fare argine alla deriva delle coppie di fatto e del testamento biologico. In mezzo alle molte tentazioni individuali e alle suggestioni anarchiche è stato favorito comunque il diritto naturale alla deriva relativista.

Guardando avanti resta solo la successione lasciata in sospeso. E sebbene, sinistra profezia, non sia detto che l’eredità di Berlusconi venga raccolta lì per lì dalla medesima società civile che ha generato la sua popolarità, di certo neanche dal moralismo in doppio petto.