Il “sistema” da cui Vendola si dice estraneo lo ha portato al successo
03 Marzo 2011
La richiesta di arresto dell’ex assessore alla sanità Alberto Tedesco apre uno spaccato sulla mala gestione della sanità pugliese ai tempi della prima giunta di Nichi Vendola. Quelle redatte dal Tribunale di Bari sono 316 pagine piene zeppe di episodi, telefonate, scambi d’intese che dimostrano ciò che il gip dice a chiare lettere: le nomine, in Puglia, non seguivano i criteri della trasparenza e della meritocrazia.
Si perseguiva unicamente la logica clientelare di ricerca del consenso, se non anche del profitto, da parte di chi, in qualità di assessore, era anche uno dei maggiori fornitori della sanità pugliese, grazie al controllo di aziende intestate a figli e parenti (addirittura, in una telefonata, Tedesco giungeva ad auspicare l’arresto di Gianpaolo Tarantini, accusato di “concorrenza sleale” nei confronti dei suoi figli!).
Nel caso del direttore dell’ospedale di Nardò, si è arrivati a sostituire una persona, che peraltro stava facendo bene il suo lavoro, solo perché non disponibile ad accogliere “ordini dall’alto”. In più punti il gip De Benedictis lascia anche trasparire un certo scetticismo nei confronti della scelta della Procura barese di non procedere nei confronti del Governatore per il reato di concussione o, quantomeno, per quello meno grave di abuso di ufficio, pur essendoci notevoli evenienze probatorie.
Proprio per il direttore di Nardò – sostituzione stabilita direttamente dal governatore Vendola -, la ragione dello spoil system, afferma la Procura, non sarebbe convincente, alla luce del fatto che non si tratterebbe di incarico politico o di alta amministrazione, ma unicamente di funzioni tecnico-amministrative. In ogni caso tale pratica, tollerata in base ad un principio di turnazione degli incarichi di vertice, non dovrebbe prescindere da criteri di trasparenza e meritevolezza che, in questo come in altri casi, sembrano del tutto avulsi dalle scelte del Governatore pugliese.
Da questa ordinanza, assolutamente chiara e completa, è emerso con evidenza come la Sanità venisse percepita dai dirigenti della maggioranza politica alla stregua di una fabbrica di consensi (e di potere). Il sindaco di Bari la definisce un “sottosistema”, evidentemente deputato proprio a raccogliere voti e smistare soldi e potere. E si preoccupa che, con la sostituzione di Tedesco, il “sottosistema” possa finire dalle mani del Pd a quelle del movimento di Vendola, così spostando equilibri estremamente delicati.
In questi giorni, tra alcuni esponenti del centrosinistra pugliese sono volate accuse molto dolorose, anche in piazze “pubbliche” come facebook. L’inchiesta ha evidentemente toccato alcuni nervi scoperti. Il garantismo è, da sempre, la stella polare del Pdl. Ma dinanzi ad un sistema politico-affaristico di questa portata sarebbe opportuno valutare attentamente le responsabilità e tutto ciò che Tedesco sapeva.
I cittadini pugliesi hanno diritto alla massima trasparenza in materia di Sanità ove, pare oggi chiaro, è stato perduto tempo e denaro. Si deve loro una spiegazione del perché dai 9 milioni di attivo dell’era Fitto si è passati ad un bilancio accertato di 632 milioni di passivo, e debiti fuori bilancio che sfiorerebbero i due miliardi di euro (senza un minimo miglioramento dei servizi). Se è vero – e fino a che punto – che sono stati preferiti criteri di vicinanza politica al merito. Anche per figure eminentemente tecniche.
Fino a sentire un politico del brindisino consigliare un’amica di non farsi operare da un tale primario perché quello lì era stato messo là solo per meriti politici ed era totalmente inadatto a ricoprire quel ruolo. Queste rivelazioni provocano un brivido lungo la schiena di tutti i pugliesi. Con che animo chiederanno un ricovero in ospedale? Che fiducia si può avere in medici e dirigenti nominati così? Il diritto alla salute, il diritto a confidare in una sanità "sana" escono profondamente provati da tutta questa vicenda. E, invece, su queste cose non si scherza. Non è possibile.
L’augurio è che stavolta la magistratura riesca davvero a fare giustizia. La nostra speranza, come pugliesi costretti a servirsi di questo sistema sanitario, è che un’inchiesta del genere arrivi alla fine, affinché determinate situazioni non si ripetano mai più.
Addirittura, per consentire la nomina di un suo protetto, Vendola auspicava il cambio della legge. Ed effettivamente il cambio c’è stato. Dopo l’era Tedesco il governatore ha varato, infatti, una legge in apparenza meritocratica e trasparente, che istituiva una forma embrionale di concorso per i posti direttivi. In realtà, la forma concorsuale consente un allargamento della base dei concorrenti, che poi vengono selezionati in base ai titoli, a loro volta ponderati con i risultati di un esame orale, come tale difficilmente verificabile. E comunque la parola definitiva spetta alla Giunta regionale. In tal modo, un concorrente a prima vista inadatto, per scarsa esperienza (titoli), rientra in gioco grazie a scelte ampiamente discrezionali.
In ogni caso, a parte le risultanze dell’inchiesta, cui ogni cittadino pugliese ha un sacrosanto diritto, il quadro delle responsabilità politiche appare chiaro e non può essere più travisato o sottaciuto. Il Presidente Vendola è politicamente responsabile di questo disastro. Sapeva del conflitto d’interessi di Tedesco, ha voluto la gestione clientelare del sistema sanitario e, anzi, l’ha perseguita con ogni mezzo possibile. Su di essa ha fondato i successi elettorali suoi e della sua coalizione. Le aziende di Tedesco e il sistema di potere da lui gestito hanno portato linfa vitale alla coalizione di centrosinistra, consentendo di superare prove difficili, di gestire eserciti di clientele, di conseguire successi elettorali altrimenti difficilmente spiegabili.
Quella ordinanza fa cadere l’ultima barriera del vendolismo. Il Presidente non può fare il “bello addormentato”. Non regge, francamente, la teoria che Vendola non sapesse nulla. Vendola interagiva pesantemente con determinate scelte dell’assessore alla Sanità. Forse non era in grado di sapere le grandezze economiche del “buco” che si stava formando, ma sicuramente era consapevole che la Sanità veniva gestita male, da persone non qualificate, solo in base a criteri di colleganza politica e di apporto di consenso. E che Tedesco aveva consenso e potere proprio grazie a quella ambigua posizione economico-imprenditoriale.
Alla luce di tutto questo, la battaglia vendoliana contro il precariato nella Sanità (anch’essa successiva alle dimissioni dell’assessore), che è stata arbitrariamente tradotta in richiesta di “internalizzazione” di gente che già lavora nelle cooperative fornitrici di servizi, lascia molto perplessi. In realtà, le internalizzazioni dovrebbero riguardare i servizi, non il personale. Nel momento in cui i servizi vengono, appunto, internalizzati (ovvero passano da una gestione privata ad una pubblica), si dovrebbe bandire un concorso affinché tutti i lavoratori con le medesime qualifiche possano partecipare in modo trasparente e vincere a seconda dei titoli e del merito.
Le internalizzazioni volute da Vendola, invece (grazie alla promessa delle quali ha anche vinto la sua campagna elettorale), riguardano le persone. Si propone una procedura in grado di far assumere alla PA direttamente i lavoratori che in questo momento storico stanno lavorando per le cooperative, in tal modo eludendo il disposto dell’art. 97 Cost. Quale motivo ci poteva essere per tale azione palesemente incostituzionale, se non quello di garantire le proprie clientele? Di cos’altro ha bisogno il popolo pugliese per mandare a casa questo governatore? Va bene il garantismo, ma certe contraddizioni sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, come lo sono anche le responsabilità politiche.