Il Sud ha bisogno che la politica batta un colpo

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il Sud ha bisogno che la politica batta un colpo

24 Agosto 2012

 

Mi è capitato di leggere, quasi contestualmente, i due documenti sulla situazione attuale dell’Italia meridionale e sugli interventi necessari per superare questo difficile momento. L’incipit del DPEF 2012 (documento di programmazione economica e finanziaria, ndr) è bellissimo, immaginifico, narra di un’Italia finalmente moderna, dove i processi si svolgono in tempi compatibili con le necessità dell’impresa, dove c’è piena occupazione e dove le donne riescono con facilità a coniugare famiglia e lavoro. Poi analizza le strade per arrivare a realizzare questo scenario, che per ora resta solo a livello teorico. L’analisi del rapporto Svimez relativo allo scorso anno, dall’altro lato, è impietosa. Narra di un sud arretrato, dove si cresce solo grazie al turismo in una situazione che definire a macchia di leopardo è un eufemismo (solo 14 distretti a “forte crescita”, quasi tutti nella Sardegna del nord, e 40 aree consolidate, su circa 400 prese in considerazione). Si pone l’accento sul gap infrastrutturale drammatico – peraltro ripreso anche dal documento finanziario –   ma anche sulla scarsa produttività dell’industria. Mentre agricoltura e turismo sono note abbastanza positive. Sul versante della spesa, meraviglia vedere come negli ultimi anni  i soldi sborsati dall’amministrazione pubblica siano stati di più al nord, rispetto al centro sud, anche in versanti come la sanità, ma trova d’altra parte conferma l’idea dell’incapacità di impiego di fondi e risorse stanziati.

Sia Svimez che il governo tecnico concludono dicendo che occorrono riforme serie ed importanti, che le aziende devono “fare sistema” ed evolversi, occorrono economie di scala ed interventi di filiera. Insomma, il da farsi è chiaro ed evidente. Sul “come” entrambi i documenti sono prodighi di consigli, ma spetta alla politica realizzarli. E qui arrivano le dolenti note.

A leggere il DPEF pare che il governo dei professori abbia in tasca tutte le risposte e le giuste strategie per portare la crescita in Italia. A parte il fatto che gravi errori, in realtà, sono stati commessi anche nelle cose già fatte (vedi il dramma degli esodati), vi è da dire che molte delle riforme proposte necessitano di una base di consenso nel paese che difficilmente un governo tecnico può avere.

Nel momento in cui vince la (anti)politica degli urlatori, tace la politica seria sulle cose da fare davvero. Il rapporto Svimez ha messo sul tavolo problemi concreti, i professori hanno fornito le loro ricette con il DPEF (anche se poi non sono scesi troppo nel dettaglio). E la politica, che ricette ha? E’ in grado di immaginare percorsi migliori, maggiormente virtuosi? La gente vuole sapere, in sostanza, come si esce da questa crisi, quali sono le soluzioni proposte e i sacrifici cui si deve sottoporre. E questo, però, non lo dice nessuno.

La politica degli eletti ha fallito, consegnandoci questo governo tecnico. Persiste nel proprio fallimento dividendosi e litigando più che altro su cose che non interessano al paese reale. Cosa andremo a votare la prossima primavera? Se questo è l’atteggiamento di quelli che si dicono “responsabili”, c’è da temere, purtroppo, che la tentazione di votare “irresponsabilmente” prenda il sopravvento tra la gente.

(articolo pubblicato il 12 giugno 2012)