Il tempo di Sartori
19 Giugno 2006
di redazione
I mostri sacri e i grandi maestri non ci fanno di solito alcuna impressione. Specie quando la loro fama è autoproclamata e fatta valere dalla voce grossa e da cattive maniere.
Per questo teniamo in poco conto le invettive di Giovanni Sartori e di norma sorvoliamo sul suo baccaiare contro questo e contro quello, sulle sue piccole e grandi bugie, sulle sue gaffes.
C’è un tratto di toscana irascibilità nei suoi modi di fare che funziona in tivvù e che qualche volta lo rende persino simpatico.
Poi ci sono le volte che Sartori si mette contro se stesso, contro il suo curriculum di studioso, contro la sua storia, e allora ci viene voglia di dirglielo chiaro. Definire i firmatari dell’appello di Magna Carta per il Sì al referendum come ”nani e ballerine” e sostenere che i costituzionalisti che lo hanno promosso sono “di seconda e anche terza fila” ci sembra al di fuori di qualsiasi canone di discussione e fa torto prima di tutti a lui stesso.
Non ci muove dunque una volontà di replica