Il “Tempo Nostro” fra guerra e Covid
16 Luglio 2022
Il 12 luglio è stata inaugurata la ventunesima edizione del festival “Letterature – festival internazionale di Roma”, ospitato per la seconda volta nello scenico contesto dello Stadio Palatino. Un evento che ha richiamato un numero inatteso di spettatori, tanto da essersi ritrovati a respingere all’ingresso non poche persone rimaste senza biglietto, con un totale di più di 600 presenze registrate.
Il festival, come di consueto, si articola in cinque serate (12, 14, 18, 19 e 21 luglio) e, da consolidata tradizione, sarà un’occasione perché danza, musica e letteratura condividano un palco.
La serata inaugurale ha visto un alternarsi di figure da diversi ambiti della cultura
Sul palco ad aprire l’evento sono intervenuti l’assessore alla cultura del comune di Roma Capitale Miguel Gotor, il commissario straordinario delle biblioteche Vittorio Bo e Simona Cives, promotrice dell’evento e anello di congiunzione con le case editrici.
Nel corso della serata inaugurale sono intervenuti gli scrittori Javier Cercas (con Il tempo delle donne), Andrew O’Hagan (La musica del tempo), Emmanuelle Pagano (Il volantino) e Mario Desiati (Hiatus), i quali hanno presentato i propri racconti inediti. La lettura è stata inframmezzata dalle performance del balletto civile e dal suono del violino di Raffaele Rebandengo.
Il filo conduttore dei quattro racconti è il concetto di tempo, declinato però in cinque sottotemi, ognuno dei quali troverà spazio nelle cinque serate: relazioni, identità, futuro, confini, tempo.
Tutti gli eventi potranno essere seguiti anche in diretta streaming (QUI).
Il “tempo nostro” è il tema di questa edizione
La scelta del tema non è stata casuale. Nel centenario delle morte di Marcel Proust (autore della celeberrima Recherche) assistiamo a degli eventi che stanno inevitabilmente intaccando il nostro vivere. Una pandemia che ci accompagna da due anni e una guerra in Europa dopo settant’anni di pace hanno sconvolto il corso delle nostre vite in modo del tutto inatteso, cogliendoci impreparati e indifesi. Guerre e pandemie sono state al centro delle narrazioni di molti scrittori, i quali attraverso le proprie parole hanno testimoniato un tempo.
Il Covid ci ha insegnato che abbiamo bisogno di contatto umano, sebbene il concetto di “straniero” (e il riferimento a Camus non è casuale) sia un po’ la cifra della nostra contemporaneità. E lo stesso dicesi per la guerra, e Cercas ce lo ha spiegato bene nel suo intervento. La guerra è stata una costante umana, da sempre glorificata anche nelle arti: basti pensare ai quadri che ritraggono la violenza con toni compiaciuti.
Poi qualcosa è cambiato, e l’arte ha valicato il confine, facendosi militante attiva del dialogo e della pace. La letteratura – si essa in prosa o in poesia – è stata in grado di restituirci le voci di coloro i quali hanno vissuto orrori e desolazioni, e che ce li hanno narrati col fine di disincentivare la ripetizione degli stessi schemi. Come afferma Cercas, questi che stiamo vivendo sono “nuovi avatar di una vecchia storia”, “un ritorno a un tempo vecchio” e ai suoi polverosi e dolorosi modelli.
È in questo senso che l’arte dovrebbe essere, oggi, un mezzo per restituirci il nostro tempo, il tempo perduto di quei giorni solitari della pandemia, un tempo perso – nel senso di disorientato – che ha portato di nuovo la guerra nel nostro continente.
Un fondo per le biblioteche di Roma
All’apertura del festival, nella serata del 12 luglio, è arrivato l’annuncio: il comune di Roma stanzierà 50 milioni di euro per le biblioteche della capitale (il cui circuito è partner nella realizzazione dello stesso festival). Un fondo la cui portata non ha pari in tutta Europa, che mira a restituire lustro al patrimonio libraio italiano e che non può che far riflettere.