Il tempo per trovare un accordo politico è scaduto

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Il tempo per trovare un accordo politico è scaduto

04 Febbraio 2008

L’impresa
che il Presidente del Senato si trova dinanzi, formare un governo per le
riforme prima di andare al voto, si presenta ardua non soltanto perché la
maggioranza di centro sinistra si è irrimediabilmente frantumata, ma
soprattutto per l’atteggiamento di sufficienza che ha caratterizzato, fin
dall’inizio della legislatura, l’esecutivo guidato da Romano Prodi.

Non è,
infatti, in discussione l’opportunità, condivisa da tutti gli schieramenti
politici, di rivedere, o quantomeno correggere, l’attuale legge elettorale, la
questione è comprendere come si possa riuscire a trovare un accordo politico,
atteso che non esiste alcuna convergenza sul nuovo modello di voto da adottare.
L’incarico conferito dal Presidente della Repubblica a Franco Marini, finalizzato
a trovare una diversa e ampia maggioranza, sembra giungere a tempo  praticamente scaduto, quando la
conflittualità tra le due coalizioni, difficilmente potrà consentire una azione
politica condivisa, sia pur sui pochi punti indicati da Napolitano.

Sembra
assai remota la possibilità che si possa  ripetere, a parti invertite, l’esperienza del
governo Dini. Malgrado lo spettacolo indecoroso andato in onda a Palazzo Madama
contro l’esponente politico dell’Udeur, reo di esser rimasto fedele all’impegno
preso con gli elettori, la democrazia maggioritaria è oramai radicata in Italia,
quale autentica dinamica di democrazia, che impone di ridare la parola ai
cittadini se la maggioranza che ha vinto le elezioni non ha più i numeri per
governare il Paese. Diverso sarebbe stato se i partiti di centro-sinistra,
dinanzi alla evidente circostanza che il voto del 5 aprile 2006 ha prodotto un
sostanziale pareggio tra i due schieramenti, anziché perseguire caparbiamente
l’obiettivo  di voler governare a tutti i
costi, con il risicatissimo vantaggio al Senato, avessero accolto l’idea,
allora lanciata dal leader della Casa delle Libertà, di una grande coalizione
per fare insieme un programma di grandi riforme economiche, politiche e sociali.
Quello sarebbe stato il momento per far nascere un governo di larghe intese, in
cui le forze moderate e liberali avrebbero potuto assumersi la gravosa responsabilità
di riformare profondamente il Paese, relegando ai margini del sistema la
sinistra radicale e tutte le forze contrarie alla innovazione e al cambiamento.

La logica bipolare e maggioritaria ben avrebbe potuto, seguendo l’insegnamento
tedesco, cedere il posto ad un governo di pacificazione nazionale da cui
avrebbe tratto giovamento la parte ragionevole della sinistra, il centro-destra e soprattutto l’Italia. Così non è stato e non rimane altra soluzione
che tornare  a votare.