Il Tour de France prova a ripartire da zero

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Il Tour de France prova a ripartire da zero

30 Luglio 2007

Morto un Tour se ne fa un altro: facile a dirsi, molto
difficile a organizzarsi. Chiusa tra scandali e polemiche l’edizione più nera
dall’annus horribilis del 1998, gli organizzatori provano a guardare avanti.
L’obiettivo è mettersi subito al lavoro per pianificare la corsa del 2008, una
sorta di anno zero che verrà per la Grande Boucle. Ma in quali condizioni, con
quale credibilità e, soprattutto, con quali soldi si riuscirà a ripartire? Se
alle sue spalle lascia una valanga di veleni, di fronte a sé il Tour de France
vede 158 milioni di interrogativi. A 158 milioni di euro, infatti, ammonta il
sostegno economico che gli sponsor delle 21 squadre assicurano alla
competizione in giallo: un fiume di soldi sempre più in bilico.

Ma andiamo con ordine. Nella guerra aperta che vede
contrapporsi l’organizzazione del Tour da una parte e l’Unione Ciclistica
Internazionale, le aziende che investono sulle due ruote hanno deciso da che
parte stare. Stanno con ASO, l’Amaury Sport Organisation, società che gestisce
la corsa a tappe più importante del mondo e che della lotta senza quartiere al
doping ha fatto uno slogan ma anche una condotta precisa in queste settimane
tremende per il ciclismo professionistico. Gli sponsor, ad esempio, hanno
condiviso la decisione dell’ASO di fare pressione sulla Rabobank (la squadra
del sospettato numero uno Rasmussen, tanto per capirci) affinché ritirasse la
propria squadra dalla carovana. Nell’immediato, quello che preme agli
imprenditori che finanziano questo travagliato sport è marcare un distacco
forte dagli atleti e dalle compagini che si sono macchiati di pratiche
illecite, per non ritrovarsi con un danno di immagine impossibile da arginare
sul mercato. Per non fare la fine, insomma, della Festina che nel ’98 dette il
nome, anzi il marchio, allo scandalo di Virenque e soci, il più fragoroso prima
di quest’anno.

E allora, tutti a far quadrato intorno al moribondo Tour, almeno
per ora.  Ma, come ha riferito il
quotidiano economico francese Les Echos, molto attento ai rapporti tra sport e
business, gli sponsor sono in fibrillazione. Il gruppo Skoda – 4 milioni
all’anno e fornitura delle automobili della corsa – ha già annunciato che
resterà fedele al contratto in essere che scade a fine del 2007 ma non ha fatto
alcun accenno al futuro. Stessa posizione di attesa per la Nestlè, che con i
marchi delle sue acque garantisce 24 milioni per il quinquennio 2004-2009.
Scontata l’uscita di scena della Cofidis (ritiratasi dopo la positività
dell’italiano Cristian Moreni) sullo sfondo restano tre colossi: Crédit
Agricol, Adidas e T-Mobile decideranno entro il 31 dicembre se riconsiderare o
ridimensionare gli investimenti nel ciclismo. E se questi tre moloch escono dal
giro, i guai diventano seri. Lo sanno bene Patrice Clerc, patron di ASO e Christian
Prudhomme, il direttore del Tour che si sono affannati a dichiarare che non è
in atto un’emorragia di partner e che gli sponsor resteranno fedeli. L’unico
modo che i due hanno per evitare il fuggi fuggi è dare addosso all’UCI
colpevole, a loro avviso, di non fare abbastanza per contrastare il dilagare
del doping.

E poi ci sono le tv. Ha fatto tanto clamore quest’anno la
decisione di due televisioni tedesche (ARD e ZDF) di “oscurare” la Grande
Boucle e di non trasmettere più in diretta la cronaca delle tappe, visto che la
credibilità sportiva è scesa sotto il livello della decenza. Una decisione che
ha trovato molti addetti ai lavori favorevoli in tutta Europa e in Italia il
critico del Corriere della Sera Aldo Grasso ha fatto di più, chiedendo addirittura
alla Rai di prendere una simile iniziativa. Fin qui solo schermaglie, si dirà:
non proprio, perché se si rimette in discussione anche la questione dei diritti
tv si chiude baracca e burattini nello spazio di pochi giorni.

In fondo alla piramide malata ci sono i milioni e milioni di
appassionati che hanno assistito con sconcerto allo stillicidio di squalifiche
e accuse che sono piovute nelle ultime settimane. Per molti che non hanno mezzi
di protesta se non quello di spegnere la tv e boicottare i giornali, ci sono
due temerari belgi che hanno addirittura deciso di denunciare l’ASO, il
corridore kazakho Vinokourov (squalificato dopo un’autotrasfusione) e la
squadra della Astana. Avevano puntato rispettivamente 100 e 25 euro sulla
vittoria finale del tedesco Kloden: avrebbero sì e no quintuplicato il valore
della puntata ma ora quest’iniziativa legale – che loro definiscono simbolica –
rischia di contribuire a sbriciolare un baraccone da 158 milioni di euro.