Il trumpista del giorno dopo

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Il trumpista del giorno dopo

10 Novembre 2016

Ci eravamo lasciati con l’ultima cena nel gazebo sul prato della Casa Bianca, al chiaro di luna della capitale Washington. Con Renzi in visita da Obama, “l’emozione” di Matteo e quella di Agnese, il colloquio nello Studio ovale, la conferenza stampa nel Giardino delle rose, l’orto di Michelle e le citazioni di Dante e Virgilio.

Sembrava l’alba di una nuova special relationship tra Italia e America, benedetta dall’inquilino uscente della Casa Bianca, tutto un profluvio di complimenti rivolti da Obama a Renzi, “giovane e promettente leader europeo”, al quale l’amministrazione democratica dava una bella spinta in vista del referendum del 4 dicembre.

In cambio, erano fioccati gli endorsement per Hillary, dando per scontato i governanti italiani che la Clinton fosse l’erede designato di Obama. In testa il premier, poi uno schieratissimo ministro degli esteri, Gentiloni, fino alla spilletta pro-Hillary avvistata da alcuni sul petto del ministro Boschi proprio la notte delle elezioni. 

Ma è arrivata la valanga Trump, il Don è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti. Il tempo di risvegliarsi, e arriva la telefonata di congratulazioni di Renzi al nuovo inquilino della Casa Bianca, durante la quale, con la precisione di un cronometro, si ribadisce l’importanza dell’alleanza tra Italia e Stati Uniti e si chiede a Trump di lavorare insieme per il prossimo G7 a guida italiana.

Il trumpista del giorno dopo si è già dimenticato della cena nel gazebo e del sostegno incondizionato dato a Hillary. Renzi telefona a Trump e si gioca con la spregiudicatezza che lo contraddistingue la schedina del lunedì. Cari Obama e Michelle, ci eravamo tanto amati.