Il “Vaffa” di Pecoraro Scanio e Di Pietro a Prodi

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Il “Vaffa” di Pecoraro Scanio e Di Pietro a Prodi

10 Settembre 2007

Ormai credevamo di averne viste di tutti i colori. E invece l’invincibile armata di Brancaleone Prodi non smette di stupirci con effetti speciali. Ben due ministri dell’attuale governo sono scesi in piazza per “mandare a quel paese” (diciamo così) il Presidente del Consiglio più alcuni colleghi dell’esecutivo di cui fanno parte: un caso senza precedenti e probabilmente un record storico. Cose che succedono solo in Italia, in “questa” Italia targata centrosinistra. Alfonso Pecoraro Scanio e Antonio Di Pietro sono intervenuti con grinta e convinzione al “Vaffa Day” organizzato dal Grillo parlante – anzi, urlante – che sta provando ad impossessarsi della ribalta mediatica e a cavalcare la tigre del ribellismo antipolitico.

Ebbene, si dà il caso che i “vaffa” più fragorosi e perentori, strillati da promotori e partecipanti all’iniziativa, siano stati rivolti a Romano Prodi, Giuliano Amato, Clemente Mastella e così via. In calce a quel messaggio, dunque, non si può non ravvisare anche le firme dei due succitati ministri. Pecoraro Scanio ha addirittura parlato di esplicito sostegno all’intera manifestazione, da parte sua e dei Verdi. E Di Pietro non si è posto neanche per un attimo il più elementare e inevitabile degli interrogativi: che ci azzecco io, qua in mezzo? A mente fredda, anzi, l’ex pm ci comunica di essersi “sfilato la giacchetta di ministro per indossare quella di semplice cittadino”. Operazioni, evidentemente, che gli risultano naturali e spontanee. E che compie con la stessa disinvoltura palesata quando svestì la toga di magistrato per indossare, il giorno dopo, i panni di politico.

Ma, a parte l’assurda incongruenza e la clamorosa bizzarria di certi comportamenti, c’è un altro aspetto da sottolineare adeguatamente. Cosa pensa dell’accaduto Massimo D’Alema, la Mente per antonomasia della sinistra italiana? La domanda è non solo legittima, ma addirittura doverosa. Stiamo parlando, infatti, di quel D’Alema che (non più tardi di due settimane fa) tuonò con la consueta aria boriosa e saccente: “La partecipazione di ministri al corteo del prossimo 20 ottobre sarebbe una contraddizione insostenibile. Chi governa non partecipa a cortei contro il governo, ma governa”. Impossibile dar torto al lìder Massimo. Ma quel suo monito è così serio e forte da valere esclusivamente per il 20 ottobre, mentre negli altri 364 giorni dell’anno ogni singolo ministro ha piena e incondizionata libertà di contestare-bocciare-sbeffeggiare il governo-Prodi? E ora dov’è l’ineffabile Mastella, che – sempre in riferimento alla partecipazione di ministri al corteo del 20 ottobre – arrivava a minacciare la crisi di governo? Nel frattempo ha cambiato idea oppure non gli importa nulla dei  “vaffa” ad personam indirizzati a lui, Prodi e compagnia cantante?

Abbiamo già capito tutti come andrà a finire il 20 ottobre: al corteo non parteciperanno ministri, ma “solo” (sic) i segretari dei partiti che li rappresentano. Probabile soluzione all’italiana per una farsa all%27italiana. Nel frattempo, però, i cittadini-elettori guardano e riflettono. Hanno già visto Mastella e Fioroni in campo per il “Family Day” contro i Dico del duo Bindi-Pollastrini; hanno già visto il sit-in antiamericano della sinistra radicale e sentito Oliviero Diliberto definire “grondanti di sangue” le mani di Bush, nello stesso giorno in cui Prodi e D’Alema stringevano proprio la mano del presidente americano in visita a Roma; hanno assistito alla sortita di Pecoraro Scanio e Di Pietro. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se il sondaggio più recente ci informa che a 68 italiani su cento non piace il governo Prodi. Sarebbe curioso conoscere l’esito di un’analoga rilevazione tra i ministri, per sapere se ce n’è rimasto qualcuno che si riconosce ancora nell’esecutivo di cui fa parte.