Il vecchio Tucidide non avrebbe creduto alle “stragi mafiose di stato”
11 Luglio 2010
Tucidide di Atene, storico, vissuto nel V secolo a.C., rappresenta il padre della storiografia. Egli fu il primo che ci narrò avvenimenti contemporanei, applicando un metodo storico che prevedeva la consapevolezza della difficoltà della ricerca della verità, dell’obiettività attraverso l’analisi delle cause, delle fonti e dei racconti dei testimoni. Prima di lui vi fu la poesia di Omero e i racconti esagerati con i loro " abbellimenti" dei logografi. Inoltre Tucidide attraverso l’analisi storica dei fatti e del rapporto causa effetto vuole indagare l’uomo e il suo comportamento nelle varie situazioni e al contrario come il contesto storico ambientale può a sua volta influenzare e generare particolari comportamenti dell’uomo fino quasi al punto di renderli predicibili. Machiavelli nelle sue opere attinge molto a Tucidide ove consiglia al politico di ispirare la propria azione all’analisi della situazione storica. Come il G.Vico che vide anticipati i suoi celebri " corsi e ricorsi storici".
Oggi è di estrema attualità il dibattito sulla ricerca della verità storica prima ancora che giudiziaria sui drammatici fatti accaduti quasi venti anni fa in Italia: le stragi del ’92 in cui morirono Falcone e Borsellino e la stagione delle bombe del ’93. Sono rimasto colpito come alcune considerazioni di Tucidide sembra siano state scritte per gli accadimenti contemporanei di cui sopra. Cito testualmente " sono stati appurati con fatica poichè le persone presenti a ciascun fatto non dicevano le stesse cose riguardo gli stessi avvenimenti ma parlavano secondo la loro simpatia verso l’una o l’altra parte o secondo la loro memoria". Quanti ministri, uomini politici, magistrati uomini delle forze dell’ordine e dei servizi segreti, testimoni, pentiti e collaboratori in questi venti anni hanno parlato secondo "la loro simpatia secondo l’una o l’altra parte" contraddicendosi, cambiando versione ad ogni grado di processo parlando ad orologeria ricordandosi improvvisamente dopo anni di cose taciute fino a ora o per compiacere qualcuno o per scopi strumentali personali.
Tucidide inoltre afferma: "così poco si affatica la maggior parte degli uomini nella ricerca della verità; preferiscono invece rivolgersi a versioni già pronte ". Qui sembra riecheggiare la tesi secondo la quale si è creduto ai pentiti allevati in batteria, con tesi preconfezionate alle quali credere e uniformarsi. "Forse l’assenza del favoloso dai fatti, li farà apparire meno gradevoli all’ascolto". Forse è proprio per questo motivo che Balduccio Di Maggio alle cose narrate per il suo pentimento ha aggiunto il bacio fra Riina e Andreotti e oggi Massimo Ciancimino dichiari cose inverosimili. E’ per questo motivo che oggi la maggior parte della stampa, siti web opinione pubblica ha abbracciato la tesi che dietro le bombe vi sia stata una strategia della tensione, iniziata con una trattativa fra Mori e Provenzano che prevedeva la consegna di Riina e la fine delle bombe contro la scesa in campo di una nuova forza politica più favorevole legislativamente alla mafia? Cui prodest? Poichè nel ’94 ascese al potere Forza Italia e Centro Destra, questi sono indiziati di aver avuto interessi nella trattativa. Già 2400 anni fa Tucidide ci mise in guardia dall’innamorarsi di tesi preconcette.
Il Centro Destra e Forza Italia vinsero si le elezioni del ’94, ma in maniera imprevedibile e assolutamente democratica con un plebiscito voluto dal popolo italiano. Se nel ’94 il popolo avesse fatto vincere la sinistra, allora essa era la mandante occulta delle stragi e delle bombe? E allora la sinistra deve essere paradossalmente contenta di aver perso quelle elezioni così non può essere accusata di complottare con la mafia. Contestualizziamo i fatti nel 1992 e immergiamoci in quell’anno.La priorità assoluta per lo stato era catturare Riina promotore della linea sanguinaria stragista. Mai nessuno c’era riuscito, molti che ci avevano provato erano stati uccisi, nessuno conosceva il suo volto, di Provenzano si dubitava che fosse vivo. L’allora colonello Mori ebbe il merito storico di essersi assunto le proprie responsabilità e di averci provato, rischiando la sua vita e di qualche suo uomo. Dove erano gli altri che per compiti istituzionali allora dovevano fare altrettanto e solo oggi con Riina al sicuro dietro le sbarre pontificano di aver fatto la lotta alla mafia?
Quella di Mori non fu dunque una trattativa, ma una TRAPPOLA ove la fine del topo la doveva fare Riina Per catturare il capo dei capi si deve avere come confidente uno di pari livello come Vito Ciancimino. Comunque è un fatto storico inconfutabile che a catturare Riina, il problema dei problemi dopo il quali si sarebbe potuto iniziare a risolvere gli altri, sia stato il generale Mori oggi ripagato (sic) con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo la sua cattura, tutti gli oragani ististuzionali, procure, Dia, carabinieri, polizia, corpi speciali, pur fra rivalità, gelosie e diffidenze compiono l’ennesimo miracolo all’italiana, arrestando la maggior parte del Gotha mafioso. Negli anni a venire la politica bipartisan non concede alcuna legislazione di premialità alla mafia tranne piccole e ininfluenti cose, quindi il solito disfattismo italico non ci ha fatto cogliere quello che abbiamo ottenuto grazie al sacrificio della vita di tanti: la più grande anche se ovviamente non totale vittoria contro la mafia di tutti i tempi. Perciò finisce la stagione delle bombe: Provenzano si inabbissa in buon ordine per non stimolare ulteriori reazioni dello stato. Ma nel 2006 anche lui finirà in prigione per il resto della vita. Questa è la storia altro che trattativa… caro Tucidide