Il vero blocco di Gaza è quello di Hamas

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Il vero blocco di Gaza è quello di Hamas

18 Giugno 2010


Subito dopo l’irruzione del commando israeliano sulla nave Marmara, diretta a Gaza, gli agenti di sicurezza di Hamas hanno immediatamente fatto un blitz negli uffici di cinque ONG, confiscando attrezzature e documenti, e ordinandone la chiusura a tempo indeterminato. Fin dall’estate del 2007, quando ha preso il pieno controllo della Striscia di Gaza, Hamas ha costretto tutta la popolazione in un regno del terrore, soprattutto per i dissidenti. Oltre a morte e disastri, il movimento fondamentalista islamico non ha dato nulla ai palestinesi della Striscia.

Il raid a Gaza contro le cinque ONG, che ha ricevuto poca copertura mediatica, è stato interpretato da molti palestinesi come il giro di vite finale contro gli oppositori politici e le organizzazioni che difendono i diritti umani. Inoltre, la recente decisione di Hamas di proibire le elezioni amministrative nella Striscia di Gaza è un’ulteriore violazione dei diritti fondamentali. Centinaia di palestinesi sono stati arrestati dalle forze di sicurezza di Hamas per aver osato criticare lo stato di tirannia e di intimidazione che soffoca Gaza. E, negli ultimi tre anni, dozzine di funzionari e membri di Fatah sono stati buttati in prigione o uccisi.

Con il Movimento di Resistenza Islamico la Striscia di Gaza è stata trasformata in un’enclave del fondamentalismo islamico simile al regime degli ayatollah persiani e a quello dei talebani in Afghanistan. E il fatto che Hamas sia salito al potere attraverso elezioni libere e democratiche nel gennaio del 2006 non dà al movimento il diritto di reprimere la vita sociale, intellettuale, politica ed economica degli abitanti della Striscia. Invece di cercare soluzioni per migliorare l’esistenza di un milione e mezzo di palestinesi, i fondamentalisti islamici si preoccupano di far rispettare le severe regole coraniche alla popolazione, come la polizia di Hamas, ad esempio, spesso occupata a interrogare uomini e donne che si frequentano in pubblico per appurare la natura della loro relazione.

Da quando è stato rapito il soldato israeliano Gilad Shalit più di tremila e cinquecento palestinesi sono stati uccisi, molti dei quali durante l’operazione Piombo Fuso, ordinata per rispondere al lancio di razzi contro Israele. I palestinesi della Striscia di Gaza hanno pagato a caro prezzo il rapimento di Shalit e il lancio di razzi. 
 
Ma se Hamas avesse voluto sul serio porre fine al blocco della Striscia di Gaza e aiutare i poveri che vivono lì, avrebbe almeno potuto dare prova di un certo pragmatismo nel trattare con il mondo esterno. Avrebbe potuto, ad esempio, accettare la richiesta della comunità internazionale di rinunciare al terrorismo e onorare tutti gli accordi firmati precedentemente tra Palestina e Israele. Inoltre, avrebbe potuto permettere ai rappresentanti del comitato internazionale della Croce Rossa di visitare Shalit.

In realtà, Hamas è più interessato al potere che a servire il suo popolo; e la crescente richiesta di alleggerire il blocco dopo l’incidente delle flottilla, ha dato ai leader di Hamas, in Siria e a Gaza, la sicurezza di aver imbroccato la strada giusta.

L’episodio della nave Marmara è avvenuto in un momento in cui il Movimento di Resistenza Islamico sembrava stesse perdendo popolarità tra i palestinesi, soprattutto a causa della recessione economica che avversa sulla Striscia di Gaza. Un periodo in cui anche alcuni dei supporter di Hamas stavano iniziando a criticare il movimento islamico, soprattutto dopo l’ordine di demolire dozzine di case ritenute "abusive" nel sud della Striscia e dopo le ennesime esecuzioni di criminali e "collaborazionisti" di Israele. 
 
Una cosa, quindi, è aiutare i palestinesi nella Striscia di Gaza, un’altra aiutare Hamas. Quelli che vogliono portare aiuti agli abitanti di Gaza hanno a disposizione strade migliori e più sicure per farlo – attraverso Israele o l’Egitto. Ma quelli che cercano solo uno scontro con Israele incoraggiano Hamas e contribuiscono a stringere la morsa sulla popolazione della Striscia di Gaza.

© Hudsonny
Traduzione Costantino Pistilli