Il vero scopo della Russia è distruggere la democrazia georgiana

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Il vero scopo della Russia è distruggere la democrazia georgiana

12 Agosto 2008

“La guerra è cominciata”, ha dichiarato Vladimir Putin venerdì scorso, mentre le forze armate georgiane e russe si disputavano il controllo della regione separatista dell’Ossezia del Sud. Da allora il primo ministro russo ha diretto personalmente l’escalation delle ostilità, e questo induce a pensare che il vero scopo della Russia sia distruggere la neonata democrazia georgiana.

Smettiamo per un attimo di chiederci chi ha fatto partire i primi colpi la settimana scorsa (gli uni danno la colpa agli altri): nel corso del fine settimana è ormai diventato evidente che la Russia era intenzionata fin dall’inizio a trasformare un conflitto localizzato in un attacco su larga scala. Nella giornata di ieri, mentre le truppe georgiane si ritiravano dall’Ossezia del Sud nella speranza di negoziare un cessate il fuoco, migliaia di soldati russi sarebbero sbarcati dalle navi da guerra di stanza nel mar Nero per invadere un’altra zona separatista della Georgia, l’Abkhazia, con l’intenzione di aprire un secondo fronte. Gli aerei militari russi hanno bombardato città molto lontane dai confini, comprese alcune basi militari e l’aeroporto civile della capitale Tbilisi. La Russia non si sta più limitando a imporre il ritiro alla Georgia, e non da ieri.

Sabato scorso il primo ministro Putin ha esplicitamente rifiutato l’ipotesi di “un ritorno allo status quo” di qualche giorno fa, quando i ribelli e le “forze di pace” russe controllavano la regione separatista. Al suo rientro dalle Olimpiadi di Pechino Putin ha incontrato alcuni generali nei pressi del confine russo-georgiano, dissipando ogni dubbio su chi sia il vero regista di una guerra che il Cremlino ricercava da tempo (un suggerimento: non si tratta del presidente Medvedev).

I leader dei paesi occidentali avrebbero dovuto prevedere gli eventi. La Russia provocava da tempo l’irritabile presidente georgiano Mikheil Saakashvili con embargo su merci e persone, ostentando la propria supremazia militare per cercare di intimidirlo. La Georgia ha dovuto sopportare la presenza di migliaia di soldati russi sul suo territorio. In Aprile, inoltre, la Russia ha abbattuto un aereo spia georgiano impegnato a sorvolare lo spazio aereo abkhazo, vale a dire georgiano. Qualche anno fa, inoltre, la Russia ha concesso ai separatisti la cittadinanza russa. Un gesto che appare oggi frutto di studiata premeditazione. Venerdì scorso il presidente Medvedev ha proclamato la necessità di “proteggere la vita e la dignità dei cittadini russi, ovunque essi si trovino”.

Nonostante l’aggressione, i paesi occidentali non sono apparsi troppo disposti a esercitare pressioni su Mosca per indurla a ritirarsi dal Caucaso. Quando lo scorso aprile gli Stati Uniti hanno proposto di varare un piano di adesione alla NATO per la Georgia e l’Ucraina nel corso del vertice di Bucarest, la Germania ha opposto il suo veto al provvedimento. Berlino voleva evitare di irritare Mosca, un fatto che i Russi hanno senz’altro tenuto in considerazione quando si è trattato di decidere quando e se mobilitare l’esercito contro il governo di Saakashvili, a lungo disprezzato come riformatore estraneo all’orbita del Cremlino.

L’Europa dipende dalle scorte di energia della Russia ed è restia a prendere posizione contro Mosca in difesa della Georgia, che agli occhi di molti governi europei si è messa nei guai con le proprie mani. Eppure siamo di fronte a un momento decisivo nei rapporti tra l’Occidente e la Russia. Il resto del Caucaso, terra di altre democrazie imperfette e di partner decisivi per la corsa europea alla sicurezza energetica, decideranno dei loro atteggiamenti futuri sulla base del tipo di sostegno, o di mancato sostegno, che l’America e l’Europa offriranno a Tbilisi.

Spetta ormai alla Nato, e in particolar modo agli USA, convincere Mosca a smobilitare. Washington ha pubblicamente descritto gli eventi dello scorso fine settimana come “una escalation sproporzionata e pericolosa da parte russa”, e ha minacciato “conseguenze importanti e a lungo termine sui rapporti tra Russia e USA”.

Chiunque è disposto a riconoscere che la Russia è tornata in scena nei panni di una grande potenza mondiale. Non per questo essa ha il diritto di servirsi della sua potenza rinnovata per castigare i suoi vicini democratici e impedire loro di decidere del proprio futuro. È il caso di far sapere a Putin che la scelta di servirsi dell’Ossezia come di un pretesto per scopi imperialistici avrà conseguenze sui rapporti tra la Russia e l’Occidente.

(dal Wall Street Journal. Traduzione dall’inglese di Francesco Peri)