Il voto punisce ABC (e pure Bossi). Grillini in ascesa
07 Maggio 2012
Nessun vincitore tra i partiti tradizionali. Uno schiaffo in faccia a Pdl e Pd. Exploit dei grillini a Genova e Parma. A Palermo Di Pietro straccia Bersani. Ill Terzo Polo di Casini rischia di diventare il quarto. Gli effetti di un voto dove pesa quel 7% in meno di affluenza (66,9) rispetto alle precedenti elezioni, potrebbero disegnare nuovi scenari e condurre la politica a nuovi equilibri, specie nel campo dei moderati. Nel centrosinistra, Bersani non sta meglio e dovrà decidere quale foto vale, se quella di Vasto o quella di Palazzo Chigi: la prima riprende colore, la seconda esce dalle urne coi toni sbiaditi.
Le molte variabili hanno inciso e non poco in un turno elettorale che seppur dai contrafforti localistici si inquadra in un contesto ben più ampio: quello di un’Europa nella quale il voto in Francia, Grecia, Germania segna uno spartiacque ed è destinato a condizionare le politiche rigoriste di tecnocrati e banchieri. Non c’è dubbio che Pdl e Pd abbiano pagato il prezzo del sostegno al governo Monti e che il centro casiniano continui a non sfondare (anzi, se si esclude Genova, non avanza), ma è nel centrodestra che gli effetti di questo voto si faranno sentire di più. Anzitutto perché Pdl e Lega sono andati alle urne divisi (archiviando l’alleanza) ed entrambi, per il puntiglio di Bossi&C. ci hanno rimesso. Diversamente dal centrosinistra che resta diviso a livello nazionale sulle politiche di Palazzo Chigi ma a livello locale mantiene inalterato lo schema della coalizione di sempre. Anche se i casi Genova, Parma e Palermo registrano lo stallo e dunque tutta la difficoltà dei democrat in questa fase.
E la Lega? Il partito di Bossi arretra nella roccaforte lombarda ma conferma una piazza strategica, non solo per il voto amministrativo ma soprattutto per il destino del movimento: Verona. Tosi vince al primo turno (58,1) consolidando così la corsa di Maroni alla conquista del partito di Bossi. Una vittoria netta che spiana la strada del congresso federale di giugno per l’ex ministro dell’Interno. E al tempo stesso punisce il Pdl perché qui hanno giocato un ruolo le divisioni interne con le quali era arrivato al voto, dopo la sospensione dei 14 dirigenti schierati con la lista di Tosi. Il risultato finale è che Castelletti candidato Pdl-Udc si è fermato sotto la soglia del 10 per cento.
Fase complicata: il fotogramma elettorale certifica la disaffezione dei cittadini rispetto ai partiti tradizionali e l’avanzata dell’antipolitica. Dato peraltro messo in conto sia a Via dell’Umiltà che a Largo del Nazareno ma forse nessuno nei due partiti maggiori, si aspettava numeri di questo genere.
Tre gli elementi di rilievo politico nazionale: l’affermazione dei grillini che si attestano mediamente attorno al 10 per cento e si preparano al ballottaggio a Genova e Parma; l’arretramento del Pdl nelle quattro città più importanti; lo stallo del Pd che regge ma non sfonda e fa i conti con la ‘lezione’ di Palermo e Genova.
Nel capoluogo siciliano si consuma uno psicodramma: Ferrandelli ex Idv e vincitore delle primarie (contro la pd Rita Borsellino) si ferma al 14.9 % (stando alle ultime proiezioni di ieri sera), mentre Leoluca Orlando candidato di Di Pietro che dopo aver partecipato alle primarie del centrosinistra ne ha disconosciuto l’esito mandando in campo l’ex sindaco, vola al 49,2%. Ferrandelli se la vedrà con Costa, candidato di Pdl e Udc che porta a casa un modesto 13.4 %, per la conquista del ballottaggio contro Orlando. Stesso psicodramma nel capoluogo ligure dove Doria (Sel) vincitore delle primarie del centrosinistra dopo aver battuto le candidate democrat Pinotti e Vincenzi (sindaco uscente) non sfonda al primo turno come in molti si aspettavano e col 48.8% attenderà al ballottaggio i due competitor: Musso (ex Fi ora Terzo Polo) con 14.6 e l’outsider grillino Putti, che porta a casa il 13.6 per cento dei consensi. Grillini al ballottaggio anche a Parma con l’exploit clamoroso di Pizzarotti, il quale con oltre il 16 per cento sfiderà al ballottaggio il candidato del centrosinistra Bernazzoli (38.7).
Elezioni di “resistenza” le definisce Alfano che registra la sconfitta subita da un Pdl penalizzato dalla mancata alleanza con la Lega e dal sostegno ai tecnici montiani. Con in più uno zoccolo duro di elettorato che non ha mai compreso, né gradito, la caduta del governo Berlusconi e il sostegno a quello di Monti. Per le analisi sul dato complessivo nei 940 comuni al voto bisognerà attendere l’ufficialità dello scrutinio: per ora quello certo è che il Pdl conquista tre comuni al primo turno, il Pd cinque, e in tredici municipi sarà presente al ballottaggio. Ma al di là del bollettino elettorale, bisognerà capire veramente che effetto questo voto provocherà all’interno di un partito che negli ultimi due anni ha subito scissioni e divisioni interne, il passo di lato del leader carismatico e una ripartenza non certo facile tantomeno scontata, eppure ancora troppo lenta e incerta.
Bisognerà capire, in sostanza, se l’esito delle urne spingerà la componente aennina o i forzisti del ’94 a insistere sulla strada del voto anticipato. Nelle dichiarazioni a caldo Maurizio Gasparri è tornato ad evocare l’ipotesi di un voto anticipato se il governo non cambierà passo, mentre solo tre giorni fa la pasionaria Santanchè vagheggiava l’idea di un appoggio esterno a Monti.
E bisognerà capire pure come a questa spinta risponderà l’ala moderata del partito che con Gaetano Quagliariello evidenzia il punto cruciale sul quale – è certo – verterà il dibattito interno nelle prossime ore. Il vicepresidente dei senatori Pdl non si nasconde dietro un dito sull’esito del voto ma osserva: “Non ho alcun dubbio, avendo fatto la campagna elettorale, che nel nostro elettorato c’è avversione a questo esecutivo, oltre alla delusione per il passo indietro di Berlusconi compiuto per senso di responsabilità verso il Paese. E non ho dubbi che se staccassimo la spina a Monti otterremmo un vantaggio immediato in termini di consenso, ma il punto poi è fare il secondo e il terzo passo”. In altre parole, immaginare cosa potrebbe accadere sul versante dei mercati internazionali, dello spread e in generale – aggiunge Quagliariello – “sulla delegittimazione di una parte politica alla quale potrebbe essere attribuita il rischio default del paese”. Occorre una riflessione e il problema per il Pdl è “esprimere una politica che coniughi le nostre idee, i nostri valori, la nostra offerta con il senso di responsabilità che abbiamo nei confronti dell’Italia”. La via, sembra di capire, è una sola: rimettere in piedi un nuovo centrodestra nel quale il Pdl sia l’architrave e i moderati il cemento. Fabrizio Cicchitto rilancia il concetto: “Bisogna ricostruire l’area moderata”. Ma come? Il percorso, non sembra così facile. A meno che l’esito delle urne non convinca Casini a mettere da parte i tatticismi delle ‘bandierine’. Che non ci sia altro tempo da perdere lo dicono le urne dalle quali esce un voto moderato confuso, deluso e a tratti assente.