Il welfare che serve alle famiglie non è quello scandinavo
05 Settembre 2016
Durante i giorni delle polemiche sul Fertility Day abbiamo assistito ad una presa di posizione globale, in rete, che spiega il crollo dei figli fatti con l’assenza di uno Stato Sociale all’altezza. All’altezza, ovviamente, delle aspettative. Questo porta alla domanda: siamo sicuri che tutti i tipi di Stato Sociale siano buoni e funzionino? Di certo, un’adeguata rete di protezione sociale aiuta molto le famiglie. Consente una carriera alle madri, lascia che i figli crescano sereni: è un Welfare di prossimità sicuramente positivo. Ma non tutta l’assistenza è così. E nemmeno tutta funziona. Un caso emblematico di questo è la Svezia.
La Svezia invecchia, fa meno figli e non cresce demograficamente in maniera del tutto paragonabile a noi. Eppure, si dirà, che cosa c’è di meglio del loro Stato Sociale? Nulla, in apparenza. Solo che anche il loro Stato Sociale sta fallendo. E lo sta facendo in maniera spettacolare. La principale conquista al tema “fertilità” del Welfare Scandinavo è il numero di immigrati che ha attirato. Il 20% della popolazione non è nata in Svezia. Uno su cinque. E la comunità che cresce più velocemente è quella di fede Islamica. Non è un fenomeno nuovo. Lo abbiamo visto già in un nostro articolo che riguardava l’immigrazione in Francia e Germania.
Uno stato sociale ipertrofico e munifico, del tutto indifferente alle storie dei singoli, produce un terreno di caccia per i predatori del Welfare. I quali, va detto, i figli li avrebbero fatti lo stesso. Ma farli in quei paesi è più conveniente. Non stiamo aiutando le nostre giovani coppie. Stiamo aiutando giovani coppie che avrebbero comunque figliato, ma se lo fanno qui ci guadagnano. Questo è il grande, abissale, equivoco in cui cade l’ideologia delle frontiere aperte. La decisione di avere un figlio è una questione culturale. Non è un problema solo economico. Quindi uno stato sociale più generoso non porta automaticamente benefici.
Quello che serve è uno Stato che lasci libertà nella responsabilità. Consentendo una maggiore partecipazione dei privati all’educazione, lasciando perdere la retorica ideologica sulla scuola pubblica. Insomma, aumentando la sussidiarietà, liberando il welfare buono e rinunciando a quello cattivo. Altrimenti, il rischio è di ridursi all’America di Obama, in cui il welfare diviene una gabbia dorata in cui tenere prigioniere le minoranze, come dimostra questa ricerca dell’istituto Pew Research. Ed è un rischio che un paese così finanziariamente delicato come il nostro non può, in nessun caso, permettersi.