
“Il Wisdomless non può riaprire se ci sono mascherine e divieti”. Parla Fabrizio Ghilardi

11 Giugno 2020
Il Wisdomless Club non è uno dei tanti locali collocati in centro, che, solo recentemente, sono tornati a popolare le notti romane e non è nemmeno l’ennesimo posto a tema Anni Venti, di quelli molto in voga oggi. Si tratta, piuttosto, di un’idea che solo un personaggio eccentrico ed eclettico come Fabrizio Ghilardi poteva avere e, successivamente, realizzare: come lui stesso ha dichiarato nel corso di una lunga ed interessante intervista rilasciata a The urban community – Digital Nomads Lifestyle, Il Wisdomless nasce dalla “necessità di vivere profondamente la relazione personale che ho con il Bello, con l’antichità, con il viaggio, con la Fede”. È “un posto pieno di meraviglie: un incrocio tra un’invenzione di Jules Verne e un gabinetto delle curiosità, in cui tra ossa e alligatori, incisioni antiche e pugnali del lontano Oriente, ci si tatua, si bevono cocktails classici e originali, si sogna e si viaggia nelle sale del Club”. Tuttavia, un elemento comune tra il Wisdomless e gli altri locali – purtroppo – esiste e riguarda non solo la chiusura dovuta all’emergenza coronavirus, ma anche l’attuale ripartenza. È proprio di questo che abbiamo parlato con Fabrizio Ghilardi, in questa breve, ma intensa chiacchierata.
– Quanto ha influito la pandemia su un locale così particolare come il suo? Insomma, a differenza di molti altri locali romani, come dicevamo, il suo non offre solo cocktail di qualità.
Potremmo anche vendere orzate invece di cocktails, il risultato non cambierebbe. La comunicazione sul tema Covid-19 in Italia è stata ridicola. Hanno iniziato a prenderci in giro spiegandoci come si lavano le mani, il Presidente del Consiglio con fare molto paternalistico ha fatto come i peggiori genitori che spaventano i figli con il buio e l’uomo nero, raccontando di una pandemia che uccideva a più non posso, poi benevolmente ci ha liberati ma con condizioni difficilmente accettabili che prevedono distanziamento sociale, mascherine, guanti. Virologi da programmi televisivi non proprio da intellettuali hanno spaventato un pubblico facilmente impressionabile, salvo poi rimangiarsi tutto e il contrario di tutto. Una task force ha sfornato studi, idee, decreti, uno peggiore dell’altro, mostrando chiaramente quanto tutti fossero molto lontani dalla comprensione della realtà dei fatti. Cos’ha capito il cittadino “medio” di tutta la vicenda? Niente. Il 15 giugno riaprono le discoteche, ma si balla a due metri di distanza. Sembra un romanzo di Boris Vian, c’è tanta patafisica in tutto ciò, la scienza delle soluzioni immaginarie. E poi c’è la psicopolizia di Orwell, dopo che nella vita notturna è stato identificato il male assoluto. Quindi multe, controlli e a Roma il Viminale ha appena promesso cinquecento vigili in più per evitare pericolosi assembramenti di persone che si divertono dentro e fuori i locali. Io la sera resto a casa a leggere, a scrivere e a guardare qualche film. Anche se devo ammettere che gli spunti forniti dalla nostra classe politica sono davvero surreali e interessanti. Quindi, quanto ha influito? Considerato che sono morte molte persone anziane con gravi patologie pregresse e che solo noi in Italia abbiamo chiuso tutto indiscriminatamente, direi che Conte ha fatto più vittime dell’epidemia.
– Come procede l’attività in questa tanto attesa “fase 2”? Siete riusciti a tornare più o meno al tenore di prima?
No, per niente. Abbiamo deciso di rimanere chiusi. Un Club come il nostro non ha motivo di esistere con mascherine, divisori, controlli della polizia. È vero che è molto affascinante questo tema da Anni Venti e da proibizionismo, ma non è divertente. Apriremo quando questo esperimento sociale finirà e la politica invece di scaldare i banchi di Camera e Senato si deciderà a intervenire.
– Ritiene che le Istituzioni abbiano fatto e stiano facendo abbastanza per chi appartiene alla sua categoria?
Mi sfugge cosa abbiano fatto. Io aspetto ancora la funivia dal Sindaco Raggi. I nostri dipendenti hanno appena ricevuto qualche briciola della CIG. Noi imprenditori non mi sembra siamo stati considerati. A meno che non sia da considerare l’offerta di prendere un prestito in banca per farsi strozzare più comodamente.
– Infine, lei è anche uno scrittore che va oltre il pensiero comune. Attualmente, il pensiero comune consiste nel dire che la pandemia lascerà dietro di sé solo crisi economica e diffidenza verso il prossimo. Lei cosa ne pensa?
Siamo in un romanzo nemmeno ben scritto. Una classica distopia. Manca l’eroe positivo, quello che anche nei miti a un certo punto uccide il drago e salva la principessa. Le cito quello che scrive Alfred Jarry, nel suo celebre Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico. Sembra parli dell’Italia: “L’isola è simile a corallo molle, ameboide e protoplasmico: gli alberi differivano poco dal gesto di chiocciole che ci avessero fatto le corna. Il governo è oligarchico. Uno dei suoi re, come ce lo indicò l’altezza del suo pschent (si tratta del copricapo del faraone, questo lo aggiungo io), vive della devozione del suo serraglio; per sfuggire alla giustizia dei suoi Parlamenti, la quale procede solo secondo l’invidia, ha strisciato attraverso le fogne fin sotto il monolito della grande piazza e l’ha rosicchiato fino a lasciare solo una crosta spessa due dita. E così si ritrova a due dita dalla forca. Simile a Simeone Stilita, egli si isola in quella colonna cava, perché oggi è di moda alloggiare sulla piattaforma del capitello solo le statue, che sono le migliori cariatidi delle intemperie. Lavora, dorme, ama, beve sulla verticalità di una grande scala, e non ha altra lampada per le sue veglie che il pallore delle sue baldorie. Una delle sue scoperte minori è l’invenzione del tandem, che stende ai quadrupedi il beneficio del pedale”. Ecco, noi invece del tandem abbiamo ricevuto il bonus per il monopattino