Immigrati: nel suo libro, “Avanti”, Renzi torna indietro
07 Luglio 2017
Che “migranti” fosse il tema dell’estate, si sapeva. Ma le cose iniziano davvero a farsi divertenti. “Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro”. Chi l’ha scritto? Un qualunque esponente della destra? No. Lo slogan è stato postato sui canali social del Partito democratico con tanto di firma del segretario Matteo Renzi. E a rendere le cose più ridicole: postato e poi cancellato. Ma la rete ne conserva, come sempre accade, la memoria. Ma soprattutto non perdona.
Il passo falso di Matteo Renzi non poteva passare inosservato, e così, tra la valanga di commenti spunta sicuramente quello di Giuseppe Civati, che condividendo il post del Pd poi rimosso scrive: “Diffidate delle imitazioni, mi raccomando. Anche l’altro si chiama Matteo”. E poi Enrico Letta che durante un convegno a Genova dice: “Sono parole sbagliate che non condivido e che non aiutano ad affrontare un problema complesso”. E si è buttato nella mischia anche Arturo Scotto, deputato di Mdp, che ha chiosato: “Dopo l’imitazione di Berlusconi per il ponte sullo stretto ora tocca a Salvini per l’immigrazione. Prima o poi Renzi dovrà pagare i diritti d’autore”.
Ma soprattutto la ghiotta occasione non poteva sfuggire a Matteo Salvini che ha preso la palla al balzo e ha infierito sul Matteo democratico. Lo ha fatto su Facebook, ripubblicando il post dell’ex premier in “versione leghista”. Ovvero, al posto del logo Pd, è stato messo quello della Lega Nord e quello di Noi con Salvini. Sotto, l’immagine di un Renzi disperato con la testa tra le mani e la scritta eloquente: “Scegli l’originale”. A corredo di tutto ciò, la frase: “No comment! Loro chiacchierano e se ne vergognano, noi non vediamo l’ora di farlo veramente!”. Definendo poi il segretario del Pd, “ridicolo”. Il segretario della Lega si è detto convinto che occorra “bloccare l’invasione in corso, perché stiamo rischiando di arrivare allo scontro sociale in alcune città”. “Renzi – ha quindi aggiunto a proposito del post incriminato – esprime la forza di governo. Quindi non deve parlare, deve fare. Faccia quello che ha detto, altrimenti è un buffone“.
Qui non si tratta di una gaffe, di un disguido nella politica della comunicazione, peraltro così centrale nell’universo renziano: si tratta di un leader entrato ormai in confusione, che non sa più se vale ancora l’idea di allargarsi a destra (ricordate il partito della nazione?) o cercare sostegno a sinistra. Un leader che l’eccesso di protagonismo arrogante invece che capacità di unire, di audacia invece che coraggio, di cinismo governativo invece che pragmatismo, di pasticcioneria culturale invece che visione postideologica, hanno logorato velocemente, trasformando la promessa di un decennio renziano nella disperata volontà di sopravvivere. E così Renzi mette insieme le parole di Salvini e l’ostinazione nel portare a casa lo ius soli, le dichiarazioni sulla diminuzione delle tasse con la richiesta ossessiva all’Europa di aumentare la possibilità di spendere e indebitarsi, e così via: una contraddizione dietro l’altra, che confondono le idee al popolo della sinistra e non portano da nessuna parte.