Immigrati: porti aperti alle Ong ‘ribelli’

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Immigrati: porti aperti alle Ong ‘ribelli’

03 Agosto 2017

Due Ong impegnate nelle operazioni umanitarie nel Mediterraneo sulla cosiddetta “rotta di Lampedusa” hanno rifiutato di sottoscrivere il “codice di condotta” per i salvataggi dei migranti in mare, voluto dal governo italiano. Si tratta di Medici Senza Frontiere, storico gruppo umanitario, Premio Nobel per la pace e con un fatturato stimato intorno a 1,6 miliardi di dollari, e la tedesca Jugend Rettet. Altre tre Ong, Sea Watch, Sea Eye e SOS Mediterranee, non hanno partecipato al tavolo aperto dal governo italiano, mentre Save the children, la spagnola Pro Activa Open Arms e MOAS con base a Malta hanno sottoscritto il codice di condotta. 

Non è un gran raccolto per il ministro dell’interno Minniti, che ha commentato la scelta delle Ong di non sottoscrivere il codice dicendo che la decisione potrebbe “avere conseguenze per la sicurezza su queste imbarcazioni”. Con la chiusura della “rotta balcanica” e l’accordo tra UE e Turchia, i flussi dei migranti si sono spostati verso l’Italia: centinaia di migliaia di persone sono sbarcate nel nostro Paese negli ultimi tre anni e altre 250mila sarebbero pronte a partire dalla Libia. Le operazioni di salvataggio delle Ong sono iniziate nel 2014, a fianco della missione europea Frontex che controlla i confini della Unione. Le Ong si sono mosse in cooperazione con la Guardia Costiera italiana e sotto la autorizzazione del Centro di coordinamento dei salvataggi marittimi (MRCC). 

Ma adesso che il codice di condotta italiano impone alle imbarcazioni delle Ong di non spingersi nelle acque territoriali libiche, dove avvengono molti dei salvataggi, le Ong non vogliono sottoscriverlo. Non solo: Medici senza frontiere si rifiuta di accettare a bordo delle sue imbarcazioni gli agenti della sicurezza italiana, “non portiamo armi a bordo delle nostre navi”, ha detto in una intervista alla Rai uno dei responsabili di MSF, Gabriel Eminente. Al responsabile di MSF però andrebbe ricordato che il codice di condotta italiano è stato approvato dalla Commissione europea. E viene da chiedersi se il governo Gentiloni adesso prenderà qualche provvedimento verso le organizzazioni umanitarie ‘ribelli’, magari chiudere i porti italiani alle loro imbarcazioni – provvedimento, la chiusura dei porti, annunciato nelle settimane scorse con grande enfasi dal nostro esecutivo ma che per adesso è rimasto inapplicato. 

Dopo le accuse rivolte dalle procure italiane alle Ong di collusione con gli scafisti in Libia, anche Frontex, l’agenzia UE, ha confermato che esisterebbero dei legami tra le organizzazioni umanitarie e le gang criminali che gestiscono la tratta di uomini e donne nel Mediterraneo. Le Ong, compresa MSF, hanno negato con forza la veridicità di queste accuse e tra le organizzazioni umanitarie poche possono vantare la reputazione di MSF, attiva in decine di Paesi, che dalla sua fondazione ha fornito assistenza a tante vittime di epidemie, malnutrizione, disastri naturali o conflitti armati nel mondo. Ma oggi, in nome di una sorta di ‘estremismo umanitario’, Medici senza frontiere spiega di non volere personale armato dello stato italiano sulle sue imbarcazioni. 

Eppure in passato la Ong francese ha dovuto ammettere di aver ospitato Talebani armati in un suo ospedale in Afghanistan. E negli anni Novanta, in pieno genocidio in Ruanda, MSF-Francia chiese un intervento militare all’Eliseo, con lo slogan “Non si può fermare un genocidio solo con i medici”. A quanto pare per fermare l’esodo di uomini e donne che continuano a partire dalla Libia, e a morire nel Mediterraneo per colpa di criminali senza scrupoli, i medici sono sufficienti. Sarà.