Immigrazione, Bricolo (Lega): Stiamo riuscendo dove tutti hanno fallito

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Immigrazione, Bricolo (Lega): Stiamo riuscendo dove tutti hanno fallito

20 Maggio 2009

C’è una foto del Senatur che campeggia nello studio,  al secondo piano del “quartier generale” istituzionale del Carroccio, di fronte a Palazzo Madama. E non poteva essere diversamente trattandosi dell’ufficio del presidente dei  senatori della Lega Federico Bricolo che affronta temi e nodi dell’agenda politica calibrando l’analisi sui rapporti col Pdl, la sfida per europee ed amministrative, il referendum sulla legge elettorale.

Presidente Bricolo  nel centrodestra si sono riaccese le polemiche per le nuove esternazioni del presidente della Camera. Lei come legge la “svolta” di Fini?

Fini sta lavorando nel suo ruolo di presidente della Camera  ma soprattutto sta portando avanti un progetto che mi pare più collegato ad una sua visione politica “personale” che al progetto del Pdl. Mi sembra ormai evidente che si tratti di una posizione in continuo mutamento; del resto il Fini di oggi non è lo stesso di dieci o cinque anni fa.

Sono in molti a chiedersi quale sia l’obiettivo. Lei che idea si è fatto?

E’ Fini che deve dare la risposta e anzitutto la deve dare al Pdl. Noi, per così dire, restiamo a guardare. Prendiamo atto di ciò che Fini fa e dice tenendo presente che esiste un patto col Pdl collegato al programma elettorale.

Ma non teme che la strategia finiana possa in qualche modo “destabilizzare” l’unità della coalizione di governo e disorientare l’elettorato?

L’alleanza che discende dal programma elettorale non si tocca . E nessuno può farlo, compreso Fini. Noi siamo coerenti fino in fondo e lo abbiamo dimostrato in Parlamento e col grande lavoro portato avanti dal ministro Maroni sulla sicurezza: la nostra coerenza si traduce in atti parlamentari, decreti e disegni di legge in linea con quello che la gente ci chiede. Ora il ddl sicurezza tornerà al Senato per il voto definitivo ma la sostanza non cambia: abbiamo affermato un linea di rigore e di contrasto alla criminalità per garantire maggiore sicurezza ai cittadini.

Eppure il presidente della Camera ha espresso forti critiche su alcune parti del ddl che alla fine sono sparite dal pacchetto di misure sul quale la Lega si è spesa molto.

Fini ha detto la sua, come del resto chiunque può fare, ma ciò che conta è che i principi cardine di questo provvedimento siano rimasti tutti, a cominciare dal reato di clandestinità. Ma penso anche alle ronde, ai maggiori poteri attribuiti ai sindaci per il decoro delle città ma anche per la lotta alla prostituzione e sui campi nomadi abusivi, all’innalzamento delle pene per i furti nelle abitazioni. Sapevamo che non sarebbe stato facile, che ci sarebbero stati attacchi dall’opposizione e qualche distinguo nel Pdl ma noi siamo gente tosta e abbiamo portato a casa un grande risultato. Basta coi buonismi del passato, adesso ci sono regole serie e chiare che valgono per tutti.

Sta facendo campagna elettorale?

No, sto parlando di fatti concreti.

Alla Camera la maggioranza è in fermento per una proposta di legge che intende ridurre da dieci a cinque gli anni per dare a un immigrato regolare la cittadinanza italiana e quindi il diritto di voto. Qual è la posizione della Lega?

Non è un tema che fa parte del programma elettorale e non è negli accordi di maggioranza. Di proposte ce ne sono tante ma nessuno può mettere in discussione i contenuti che la maggioranza ha fissato per la legislatura. Per questo, non vedo né ora né in futuro, alcuna modifica alle norme attuali sulla cittadinanza.

La questione dei respingimenti dei clandestini, l’accordo che Maroni ha siglato con la Libia, le critiche all’Italia dell’Unchr e le dichiarazioni un po’ fuori tono di La Russa che avrebbero irritato lo stesso ministro dell’Interno. Qual è la sua opinione?

Maroni ha portato avanti una linea chiara e concluso un accordo con la Libia molto difficile che nessun governo prima era riuscito a fare. Gli organismi internazionali hanno il loro peso e vanno rispettati. Il punto è che bisogna lavorare e non limitarsi a fare dichiarazioni sui giornali alzando i toni magari perché siamo in campagna elettorale. Noi non lo facciamo e invitiamo tutti alla prudenza: occorre abbassare il tenore di certe esternazioni e confrontarsi sulle cose concrete da fare.

Europee e amministrative. Alcuni analisti politici ritengono che la Lega punti a fare il pieno di voti, specie al Nord, per poi incidere sui rapporti di forza dentro la maggioranza. E’ uno scenario verosimile?

La Lega fa le sue battaglie a prescindere dal momento o dalle contingenze elettorali. Se fosse stato per noi federalismo e sicurezza le avremmo approvati sei mesi fa, poi i tempi del confronto politico con l’opposizione, peraltro legittimo su temi così importanti,  ci hanno condotto a ridosso delle elezioni.

Tuttavia c’è una “guerra di voti” tra alleati, specie al Nord.

La competizione esiste e vale per tutti, non solo per il centrodestra. Credo piuttosto che ci sia qualcuno che ci sta rincorrendo ma gli elettori sanno bene chi si è battuto per il federalismo e la sicurezza, sa che noi non abbiamo votato l’indulto e che abbiamo sempre detto cose anche quando non era di moda trattare certe questioni. L’elemento che ci differenzia dagli altri è che noi sul territorio ci stiamo tutto l’anno e non solo il mese prima delle elezioni. E’ un lungo lavoro voluto da Bossi, le sue intuizioni sono la nostra forza, lo sono sempre stati anche nei momenti più difficili quando nessuno parlava di federalismo e della necessità di rompere il principio di uno Stato assistenzialista e centralista. Adesso tutti ne parlano come di una necessità.

Cosa risponde a chi vi accusa di flirtare con l’opposizione, specie sul capitolo delle riforme?

C’è un’alleanza di legislatura che si basa su punti condivisi da realizzare, ma noi siamo la Lega e loro il Pdl. Staremo sempre con chi mette al centro la realizzazione del programma, come accaduto su federalismo e sicurezza.

Significa che se paradossalmente il Pd scrivesse un programma che sulla sicurezza vi soddisfa voi vi alleereste con la sinistra?

Noi ci alleiamo con chi ha a cuore i problemi della gente. Il Pd non potrà mai mettere nel programma un’idea condivisibile di sicurezza, quindi l’ipotetica alleanza non reggerebbe.

Però così la Lega rischia di fare la “politica dei due forni”.

E’ un’idea sbagliata. Bossi ha impostato la discussione sul federalismo comprendendo la necessità di arrivare a una legge condivisa: un conto sono le leggi ordinarie, altra cosa i principi sulle grandi riforme come in questo caso. E siccome finora lo scontro tra maggioranza e opposizione ha finito per bloccare qualsiasi riforma in questo Paese, noi abbiamo preferito allo scontro frontale il confronto e il coinvolgimento di tutti, anche per evitare ostruzionismo in Aula che avrebbe rallentato il varo della norma. Questa è una politica di buon senso finalizzata a dare un servizio al Paese.

Europee. Qual è la percentuale di voti sulla quale puntate?

Avremo un buon risultato. Non siamo anti-europeisti, siamo contro questo modello di Europa che impone regole dall’alto senza rispettare le identità, le culture dei popoli e le loro radici cristiane. Vogliamo mandare a Strasburgo  gente determinata, pronta a battere il pugno sul tavolo per difendere gli interessi delle realtà locali, come ha fatto il ministro Zaia tutelando gli interessi dei nostri allevatori e portando a casa un risultato importantissimo come quello sulle quote latte. In questi ultimi anni soprattutto il nord del Paese ha sofferto molto per le scelte sbagliate dei governi incapaci di farsi ascoltare. Oggi non è più così e noi vogliamo che l’Italia conti sempre di più in Europa.

Perché la Lega è così contraria al referendum sulla legge elettorale? In un quadro bipolare tendente al bipartitismo non sarebbe più logico lavorare a un progetto federativo col Pdl magari sullo schema dei partiti bavaresi?

Siamo convinti che questo referendum non passerà. Siamo contrari perché tende a creare un partito unico, mi riferisco al centrodestra, penalizzando così il pluralismo che con l’attuale legge c’è.  Se vincessero i “sì” ci troveremmo di fronte a un deficit democratico. Noi riteniamo che questo Paese abbia bisogno di una voce forte collegata alle istanze del territorio.

La prossima battaglia del Carroccio?

Proporre misure per consentire alle famiglie e ai lavoratori di affrontare meglio gli effetti della crisi economica. Guardando al Nord vediamo che a parità di stipendio, un lavoratore ha un potere d’acquisto minore rispetto ai colleghi di altre zone d’Italia. Pensare a quelle che un tempo erano chiamate “gabbie salariali” è un modo per porsi il problema pragmaticamente. Stiamo lavorando sull’ipotesi di contratti di lavoro regionali non certo per creare differenze tra nord e sud ma per garantire a tutti lo stesso potere d’acquisto. E questo presuppone iniziative che faremo col governo e in Parlamento.