Immigrazione, la Regione Toscana ha già pronta la legge pro-clandestini
26 Maggio 2009
La Toscana vara la “sua” legge su immigrazione e sicurezza. E lancia così l’ennesima sfida al governo Berlusconi. Il premier replica definendola una “insensata contro-legge", il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano non usa giri di parole: se la norma verrà approvata "siamo pronti a impugnarla davanti alla Consulta". Il ministro Calderoli dice che il provvedimento è "incostituzionale" e i parlamentari toscani del Pdl con in testa Denis Verdini , uno dei tre coordinatori nazionali, rincarano la dose annunciando la raccolta di firme per un referendum abrogativo.
A ben guardare c’è poco da stupirsi, visto che in una delle ultime roccaforti rosse dove ancora resiste l’Unione prodiana, il governatore Claudio Martini (Pd) si è ormai specializzato in una sorta di “guerra istituzionale” con Palazzo Chigi, ma solo quando si tratta del Cav. E’ stato così tra il 2001 e il 2005 con le decine di ricorsi alla Consulta su provvedimenti varati dall’esecutivo nazionale, lo è ancora oggi. Il nuovo confine dell’autonomismo toscano in salsa antiberlusconiana (altro che il secessionismo leghista!) è rappresentato dai 37 articoli della legge regionale che fissano le regole dell’accoglienza, inclusi doveri e diritti (in realtà si insiste più sui diritti che sui doveri) dell’immigrato. Regolare e clandestino. Il che significa che in Toscana “regolare” e “irregolare” sono la stessa cosa a fronte dei servizi che l’ente offre e predispone. Così, se agli stranieri è riconosciuto il “pieno accesso” ai servizi sociali, pure ai clandestini si garantisce per legge la possibilità di usufruire di mense e dormitori pubblici, oltre alle prestazioni mediche (compresa la fase di post-degenza in caso di ricovero ospedaliero) pur non essendo iscritti al servizio sanitario nazionale. La legge, licenziata dalla giunta è ora all’esame del consiglio regionale.
Oggi il parlamentino toscano dovrà pronunciarsi col voto finale ma lo scontro tra i due schieramenti è durissimo. Se il centrodestra è riuscito a far slittare di una settimana il voto presentando una miriade di emendamenti e ricorrendo alla pratica dell’ostruzionismo, nella maggioranza c’è più di un imbarazzo per una legge che, specie nelle file piddì, viene considerata come il prezzo (politico) da pagare per l’alleanza di governo con Rifondazione Comunista, voluta caparbiamente dal governatore Martini proprio nel momento in cui il progetto di Prodi naufragava definitivamente nel mare magnum di una coalizione frammentata e litigiosa. Nella norma sono contenute disposizioni che vanno dal rispetto delle differenze religiose (previsti interventi per favorirlo nei luoghi di lavoro, negli ospedali o nelle carceri), all’insegnamento della lingua italiana, all’attenzione particolare rivolta agli immigrati che richiedono asilo, ai rifugiati, ai detenuti, ai minori e alle donne in gravidanza.
Quanto ai servizi sanitari la legge (in attuazione al testo unico sull’immigrazione, recita la nota della Regione) garantisce pieno accesso alle prestazioni mediche per gli extracomunitari irregolari. In particolare la tessera Stp (Straniero temporaneamente presente, già in vigore a livello nazionale) permette allo straniero senza permesso di soggiorno (perché scaduto, non rinnovato o mai ottenuto) di essere curato in ospedale o in ambulatorio. La tessera va richiesta all’Azienda sanitaria locale e consente di usufruire gratis di alcuni servizi, mentre per altri è previsto il pagamento del ticket. Non solo: il clandestino che si rivolge al medico o in ospedale non verrà segnalato alle autorità competenti per il suo “status”. Infine, l’assistenza sanitaria è garantita ai bambini o in caso di infortunio, malattie gravi, patologie infettive e gravidanza. Fin qui la legge, ma il punto non è tanto l’assistenza sanitaria quanto l’equiparazione tra chi ha scelto l’Italia, rispetta la sue leggi, vive nella legalità e chi no. Un discrimine che di fatto annulla il concetto di assunzione di responsabilità verso se stessi e nei confronti della comunità che accoglie.
Il caso toscano diventa caso nazionale e infiamma il dibattito politico nell’ultimo scorcio di campagna elettorale. In un’intervista all’emittente televisiva Italia 7 il presidente del Consiglio non usa giri di parole: “Questa contro-legge è qualcosa di insensato che veramente risiede nel fatto che la sinistra ha effettuato un cambiamento del Titolo V della Costituzione, assegnando alle Regione dei poteri che ciascuna Regione esercita per conto proprio, molto spesso addirittura in totale distonia rispetto all’interesse del Paese”, afferma Berlusconi. Sulla stessa lunghezza d’onda il sottosegretario all’Interno Mantovano che si dice pronto a proporre al governo “di impugnare questa legge regionale che contrasta con le normative nazionali , con la Costituzione e con le esigenze di legalità e sicurezza della popolazione”. Sul caso toscano il ministro Calderoli osserva: "C’è qualcuno che si è abusivamente preso quella materia e di fatto, ha scritto una legge che rende regolare ciò che invece è irregolare. Se dovesse essere una provocazione la prendo come tale, ma se non lo è si tratta di un provvedimento totalmente incostituzionale”.
Il Pdl già pensa alla mobilitazione popolare in tutte le province per promuovere un referendum abrogativo nel caso in cui la contestata norma dovesse superare l’esame dell’Aula di Palazzo Panciatichi. Una scelta, quella della Regione Toscana che secondo Verdini è tesa “solo a contrapporsi alla linea del governo ed anche a quello che viene avvertito dai cittadini come un problema: la clandestinità”. La replica dei big del Pd non si è fatta attendere.
D’Alema difende la linea di Martini e dice che la norma produrrà effetti positivi sugli immigrati, favorendo tra l’altro “la sicurezza e l’ordine pubblico, perchè quando si riconoscono i diritti delle persone, queste sono portate ad agire come cittadini normali: è un grande fatto di civiltà di cui la Toscana può essere orgogliosa”. Da parte sua, il governatore della Toscana considera quella del governo la “vera contro-legge” osservando, invece, che l’obiettivo della legge varata dalla sua giunta è quello di “facilitare la vita ai regolari” perché “molto spesso l’unico risultato di certe campagne è complicare l’esistenza a chi in Italia vive e lavora regolarmente”. Insomma, il solito refrain buonista in salsa pre-elettorale.
La questione è un’altra: il modello alternativo che qui la sinistra propone rischia di trasformare la Toscana in una sorta di “enclave” dove il concetto di legalità si annacqua nella melassa del politically correct; dove alla fine anche chi non è in regola è come se lo fosse; dove chi non ha un lavoro e un tetto e per questo spesso vive di espedienti, acquisisce gli stessi diritti dell’immigrato che con fatica e impegno lavora, paga l’affitto di casa e le tasse. Esattamente come fa ogni toscano.