Immigrazione. Lucca vieta la ristorazione “di etnie diverse”
27 Gennaio 2009
di redazione
Una questione di razzismo gastronomico. Almeno è quello che ritiene l’opposizione della giunta della cittadina di Lucca (Pdl e lista civica) dopo l’approvazione di un regolamento comunale che afferma: "Non è ammessa l’attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività sia riconducibile ad etnie diverse".
Un provvedimento difficilmente equivocabile che invita i ristoratori locali a includere nel proprio menù "almeno un piatto tipico lucchese, preparato esclusivamente con prodotti comunemente riconosciuti tipici della provincia".
"Un divieto discriminatorio" ha subito accusato l’opposizione, con il consigliere pd Alessandro Tambellini sottolineando che la giunta "ha scelto un atteggiamento di chiusura verso le culture diverse, sostituendo alla logica del confronto quella dei no". Anche in Regione pensano che sia una scelta infelice: "Siamo contrari — dice l’assessore Paolo Cocchi — a forme occulte di razzismo gastronomico".
Dalle fila della maggioranza, i propositori della norma difendono il regolamento spiegando che lo scopo è quello di "tutelare il patrimonio storico del centro". L’assessore Filippo Candelise aggiunge che la norma in realtà risale a una delibera del 2000 che è stata solo aggiornata, sottolineando come "i divieti riguardano anche pizze al taglio, Mc Donald’s, fast food, sexy shop. E non sono applicabili agli esercizi esistenti".
Per quanto riguarda il riferimento alle etnie, l’assessore dichiara: "Capisco che possa generare malintesi, ma bisogna considerare che dentro le mura vivono 8 mila lucchesi e ci sono già 5 kebab". Dalla sua parte c’è anche il presidente dei ristoratori della locale Ascom, Benedetto Stefani che ribadisce che non c’è nessuna crociata, "si vuole solo tutelare la specificità della nostra cucina, messa in pericolo dalle crescenti liberalizzazioni del settore".