Impressioni sulle prime settimane di attività parlamentare

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Impressioni sulle prime settimane di attività parlamentare

02 Giugno 2008

Impressioni sulle prime settimane di attività parlamentare. Dopo aver passato le prime giornate ad ascoltare discorsi solenni e a votare (il presidente e l’ufficio di presidenza della Camera, dapprima; la fiducia al Governo, poi; i vertici delle Commissioni, infine) infilandomi nei tabernacoli in cui si esprime il suffragio segreto o sfilando sotto gli scranni della presidenza, è arrivato il momento di fare sul serio, quando si è cominciato a votare la conversione in legge di alcuni decreti del Governo Prodi, varati nel mezzo della "terra di nessuno" tra le due legislature.

Lì è scoppiata la prima grana, nel momento in cui tra le norme di un provvedimento rivolto a sanare una serie di prescrizioni dell’Unione europea, l’opposizione  ha scoperto un articolo che – a suo dire – si proponeva di salvare, surrettiziamente, Rete 4, contravvenendo così tutti i sacri principi del conflitto di interessi.

Ho potuto assistere, allora, alla mia prima esperienza di ostruzionismo parlamentare. Assistere non partecipare, perché l’opposizione, in questi casi, fa tutto da sola; la maggioranza deve solo garantire il numero legale ed evitare che il Governo non finisca in minoranza (come purtroppo è accaduto col famoso emendamento sui volatili). Per un giorno e mezzo hanno monopolizzato, in nostra assenza, la discussione generale. Poi è venuta l’ora del voto: l’opposizione ha usato tutti i mezzi consentiti dal regolamento, la maggioranza ha cercato di tenere. I fatti sono noti: ad un certo punto, alla fine della via crucis, il Governo ha modificato l’emendamento definito "salva Rete 4" e l’opposizione ha rinunciato all’ostruzionismo, cantando vittoria. Così si è andati rapidamente al voto finale (in chi scrive è rimasta la domanda: perché tanto rumore per nulla ? Perché presentare un emendamento per poi ritirarlo ?).

Di questa esperienza mi hanno colpito due aspetti: in primo luogo, la visibile contraddizione tra lo spasmodico accanimento che la politica ha dedicato a quell’evento e il disinteresse che la vicenda, nelle stesse ore, suscitava nel Paese; in secondo luogo, la violenza e l’arroganza delle argomentazioni e dei toni usati dall’opposizione, che del caso ha subito fatto una questione di carattere morale. Alcuni esponenti del gruppo dell’Italia dei valori o del Pd (come Furio Colombo ma non solo, perché poco alla volta quello è diventato il leit motiv della discussione) hanno costruito i loro interventi sul disprezzo dell’avversario in nome di una presunta superiorità morale (‘noi siamo quelli di Enzo Biagi – ha detto Colombo – loro quelli di Rete 4’) evocatrice – lo ha ben messo in evidenza Franco Debenedetti su Il Sole 24 Ore – della mistica dei girotondini o del grillismo applicato in modo unilaterale.

Nel bel mezzo di tale discussione (sul piano della gestione della dialettica parlamentare la sinistra è molto più scafata della destra) si sono aperte alcune finestre, la più importante delle quali è stata sicuramente la discussione sul clima di violenza a Roma, alla presenza del sottosegretario Mantovano.  Anche in tale caso la morale era una sola: a Roma ha vinto Alemanno ed ecco che sono tornati i fascisti, gli squadristi, i razzisti e quant’altro. In quei giorni sull’Unità è comparso un articolo del solito Furio Colombo che immaginava una topografia della capitale in cui tutte le principali vie erano state ribattezzate con nomi che evocavano il regime fascista (con la sola eccezione di Via del Corso divenuta Via Craxi). Sono bastati pochi giorni per consentire alla verità dei fatti di smentire  la propaganda della sinistra (la solita di sempre, immancabilmente pronta a riunirsi all’insegna dell’antiberlusconismo o quanto meno a non reggere la concorrenza di chi impugna quella sdrucita bandiera). Quando nell’aggressione del Pigneto è emerso un protagonista (la Polizia aveva avvertito da subito che la matrice non era razzista) con il volto del ‘Che’  tatuato sull’avambraccio, gli intellettuali di regime si sono affrettati a spiegare a quel signore che era, in verità, un fascista inconsapevole e che l’icona di Guevara è poco più di un gadget, tanto che ormai la stampano pure sui sospensori. Alla fine è arrivata anche la sentenza del Consiglio di Stato favorevole (o comunque non contraria) a Mediaset nella controversia con Europa 7. Ma – si sa – per condannare il Cavaliere non serve la Magistratura. Basta il ‘tribunale del popolo’, presieduto da Antonio Di Pietro.

E che dire dei fatti della Sapienza? Anche nell’Ateneo – a sentire loro – stavano scorazzando i fascisti. Poi si è scoperto, dopo l’aggressione subìta dal preside di Lettere, che il vero squadrismo è quello dei Collettivi.  Per non parlare delle dichiarazioni del Capo della Polizia (nominato dal Governo Prodi) a proposito della sostanziale impunità degli immigrati clandestini quando delinquono.  Ma loro hanno sempre ragione.