In Afghanistan la guerra è guerra

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In Afghanistan la guerra è guerra

02 Maggio 2007

Il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema ha definito l’attentato di ieri contro un convoglio militare italiano a Herat in cui sono rimati feriti tre soldati, come un “fatto intimidatorio”. Il ministro della Difesa, Arturo Parisi si è invece affrettato a garantire che il governo intende “usare tutti i mezzi di protezione e di garanzia per i nostri ragazzi che sono in Afghanistan”.

Il portavoce di Parisi ha in seguito rilasciato una dichiarazione in cui si diceva che “il ministro ha espresso la sua preoccupazione per un eventuale coinvolgimento dei nostri militari in azioni estranee alla missione autorizzata dal Parlamento”.

Bastano queste poche frasi a svelare l’uso fraudolento del linguaggio che il governo mette in atto ogni volta che si parla di Afghanistan.  Quando una bomba esplode sul percorso di un blindato militare, non si tratta di un atto intimidatorio ma di un’azione di guerra. Definirlo come ha fatto D’Alema serve a far passare i soldati italiani per un gruppo di sprovveduti  “volontari” impegnati  in opere umanitarie e assistenziali, suscettibili di essere “intimiditi” dalla prima esplosione sul loro pacifico cammino.

 Anche il fatto che Parisi parli dei militari italiani in Afghanistan  come dei “nostri ragazzi” è una cosa linguisticamente riprovevole: fa pensare ad una scampagnata e rivela un insensato paternalismo di cui l’esercito italiano non ha alcun bisogno. Quando poi Parisi dice di voler usare per i suoi ragazzi “tutti i mezzi di protezione e garanzia” sbaglia due volte. La prima quando trasmette l’immagine di soldati che sono sul campo per essere “garantiti e protetti” e non invece per garantire la democrazia afghana e proteggere i civili dagli attacchi dei talebani. La seconda perché l’unico modo per “garantire e proteggere” dei soldati in azione è munirli degli armamenti necessari e adeguati alla loro missione, cosa che il governo non si è ancora deciso a fare. I 5 elicotteri da combattimento Mangusta, i 2 aerei teleguidati Predator e i 12 blindati Dardo, già da tempo promessi sono pronti per essere inviati, ma il governo esita a dare il via libera  per non riaccendere l’ostilità della sinistra radicale, che sul “garantire e proteggere” i soldati ha idee completamente diverse.

E’ infine un capolavoro di dissimulazione la frase del portavoce del ministro quando parla del coinvolgimento dei nostri militari in azioni estranee alla missione autorizzata dal Parlamento. La verità è che i nostri soldati sono giocoforza coinvolti in una guerra anche se il Parlamento non l’ha autorizzata.

Il fatto che gli americani siano entrati in azione nella regione sotto il controllo degli italiani può dar fastidio a D’Alema e Parisi, ma rende evidente la circostanza che se non si è autorizzati a combattere qualcuno sarà costretto a farlo al posto nostro quando se ne presenta la necessità. E questo è destinato ad accadere sempre più spesso anche nella provincia di Herat dove la pressione dei Talebani si fa sentire con sempre maggiore insistenza.

E’ difficile credere che i Talebani capiscano le sottigliezze della politica italiana e si interessino a quello che il Parlamento autorizza o non autorizza. Per questo è molto probabile che i “nostri ragazzi” siano sempre più spesso “coinvolti in azioni estranee” alla loro missione.

Il governo deve allora scegliere se tenerli dove sono a far d’intralcio alle operazioni militari alleate e a farsi “intimidire” da qualche bomba vagante oppure metterli in condizioni di essere utili al futuro dell’Afghanistan e al prestigio del loro paese.