In America è arrivata “l’ora x” dello scontro sul debito

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In America è arrivata “l’ora x” dello scontro sul debito

22 Luglio 2011

Passano i giorni, e la questione è uguale. Il braccio di ferro tra il presidente Barack Hussein Obama – che per colmare il buco di bilancio creato dallo Stato sperperando le tasse dei contribuenti statunitensi chiede ai contribuenti statunitensi nuove tasse e tasse sulle tasse per coprire detto buco di cui detti contribuenti sono vittime innocenti – e i Repubblicani – che pensano invece che per colmare i buco di bilancio creato dallo Stato sperperando le tasse dei contribuenti statunitensi sia più che opportuno dire allo Stato di smettere di tartassare i contribuenti statunitensi – continua. Solo che l’ora x si avvicina, e dei due uno dovrà cedere.

Se cederà Obama, lo Stato federale ipertrofico che grava sui contribuenti verrà ridimensionato almeno un poco, l’economia del Paese godrà di un meritato quarto d’ora d’aria, i cittadini ne gioveranno e un po’ di quell’effetto positivo già sperimentato con lo storico taglio delle imposte operato da Ronald W. Reagan (1911-2004) che innescò un virtuoso circolo di crescita si avrà ancora ancora. Ma soprattutto si segnerà un precedente storico, difficile da cancellare, importante sia nei fatti sia come simbolo, e proprio per questo difficile da portare a casa visto che per i suoi avversari è un colpo dritto al cuore: si dimostrerà, cioè, che ridurre l’elefantiaca spesa pubblica degli Stati moderni pigliatutto è possibile oltre che doveroso. Se invece cederanno i Repubblicani (o una loro parte), i coltelli politici dei “Tea Party” torneranno ad affilarsi. Passano i giorni, e fra poco sapremo.

Nel frattempo, si stanno ultimando i preparativi per il lancio apertis verbis della campagna elettorale per le presidenziale del 2012, in vista dei primi confronti diretti dell’autunno. In questo quadro, la stampa sta dando ancora una volta il peggio di sé. Incapace di rendersi conto della realtà, sorda a ogni richiamo, cieca di fronte a qualsiasi evidenza, l’“informazione” mostra tutta la propria pochezza (e debolezza) rifugiandosi nel gossip e nella denigrazione per incapacità di dar conto delle cose che si muovono davvero. Dà evidentemente molto fastidio constatare che il “mito Obama” è morto prima ancora di nascere, disturba rendersi conto che la società statunitense è capace di segnali di vita intelligente oltre ai non richiesti “consigli” liberal, innervosisce constatare che la Destra conservatrice alias la sanior pars dei cittadini statunitensi sa interpretare il popolo meglio di qualsiasi vate progressista sia mai apparso sulla faccia della Terra.

Prendiamo il caso di Michele Bachmann, che nell’immaginario di certa stampa ha preso il posto di Sarah Palin, o che se non altro l’ha affiancata. La Bachmann, come la Palin, viene considerata al massimo come un paio di belle gambe in un tailleur privo di cervello, come una fucina di gaffe – ammesso e non concesso che quelle della Bachmann, e della Palin, lo siano – quasi che le gaffe le facesse solo lei e non supremamente i beniamini della Sinistra mondiale, come una fanatica perché ha cinque figli e 23 li ha in affido (e prima di lei lo era la Palin perché ha dato alla luce una figlia down senza scegliere di sottoporsi alla purga dell’aborto). Il tutto disinvoltamente, che più i commenti sono perfidi e meglio è, con buona pace del neofemminismo, della menata delle quote rosa, delle “Se non ora quando”. La Bachmann, infatti, come prima di lei e accanto a lei la Palin, si può infatti sbeffeggiare a cuor leggero perché è di destra.

Le donne le femministe e i loro sodali di tutti gli altri sessi le difendono solo se sono di sinistra. Solo così sono donne vere, cioè “minoranza perseguitata” in cerca di riscatto. Altrimenti no. Sono carne da macello. Se non sei emancipata, separata, divorziata, convivente, vissuta, fatta di pillola e prezzemolo, padrona della tua cosa, magari un po’ lesbica e se non altro un tantino puttana mica sei donna. Meriti la gogna. Il burqa ti starebbe bene, e il lavoro in miniera pure. L’utero è tuo e lo gestisci tu soltanto se stai a sinistra, sennò meriteresti una ripassatina di quelle giuste. Serva del potere maschio e conservatore, se sei una Bachmann o una Palin sul treno della vita ti spetta solo l’ultima classe dov’è fetore e odore di denti.

La Bachmann? La Bachmann che pensa di potersi permettere la sfida per la Casa Bianca? Già è tanto se le si concede la ramazza della sguattera. Pensate bene, infatti, che oltre a essere conservatrice tetragona, libertarian in economia contro lo Stato mangiatutto e l’immoralità dell’esagerazione fiscale, cristiana praticante, madre di famiglia numerosa, sposa fedele e consorte di un Ph.D. in psicologia clinica che ama così tanto le persone omosessuali da pensare che valga la pena farle colloquiare con Dio nella preghiera soffre pure di emicrania… Così ci educe il can-can scatenato da un’articolessa di la Repubblica del 21 luglio, da Internazionale e da una di quelle “madri sempre incinte” che è The Washington Post.

Vorranno mica i conservatori farci credere che una che non ha il vizietto, scheletri nell’armadio, doppia vita, lingua biforcuta, abbronzatura naturale, congiunti fra le “minoranze perseguitate” di qualche toilette di stazione ferroviaria di grande città e governo dei propri “diritti sessuali” possa sedere nello Studio Ovale senza pagare pegno? Ecco, se esiste un dio del giornalismo varrebbe la pena si ricordasse di non avere promesso, lui, di non scatenare un altro diluvio..

PS A scrivere quel che settimana scorsa qui si è scritto su Michele Bachmann, suo marito Marcus e il caring cristiano verso le persone omosessuali si è avuta – nonostante la spinosità del tema e le controversie che l’argomento suscita – ragione da vendere. Ché se lo dice il sottoscritto vabbè, ma decisivo è se una persona come Greg Quinland – presidente dell’organizzazione Parents and Friends of Ex-Gays & Gays, nonché direttore esecutivo del think tank Equality and Justice for All –scrive che il counseling è cosa buona e giusta, affermando papale papale: «Sono un ex gay, e difendo Michele Bachmann e suo marito»

Marco Respinti è presidente del Columbia Institute, direttore del Centro Studi Russell Kirk e autore di L’ora dei “Tea Party”. Diario di una rivolta americana.