In America Fiat cresce e Marchionne centra tutti gli obiettivi, in Italia quasi

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In America Fiat cresce e Marchionne centra tutti gli obiettivi, in Italia quasi

02 Febbraio 2011

L’espansione di Fiat in America continua. L’azienda torinese, dopo essere salita al 25 per cento di Chrysler lo scorso 10 di gennaio, salirà al 35 per cento delle azioni della casa di Detroit entro la fine dell’anno. Sergio Marchionne non si ferma tra le due sponde dell’Atlantico. Settimana scorsa ha annunciato i buoni risultati di Fiat con un utile di 600 milioni, mentre ad inizio di questa settimana ha presentato agli analisti i conti di Chrysler.

Il gruppo americano ha registrato una perdita pari a 652 milioni di dollari, in linea con le aspettative del mercato. Il quarto trimestre 2010 è stato più difficile del previsto, ma nel complesso il numero di autoveicoli venduti ha superato la barriera di 1,5 milioni di auto. I ricavi di Chrysler sono stati di quasi 42 miliardi di dollari, poco più di 30 miliardi di euro. La quota di mercato negli Stati Uniti nel 2010 è salita al 9,4 per cento dal precedente 8,9 per cento del 2009, mentre in Canada le performance sono state ancora migliori.

Se il 2010, per  Chrysler è stato l’anno del recupero, il 2011 dovrebbe essere quello del completamento del risanamento. La casa americana si prefigge infatti di far crescere i propri ricavi ad oltre 55 miliardi di dollari, una crescita di oltre il 31 per cento rispetto al 2010. In questo modo dovrebbe registrare un utile pari a mezzo miliardo di dollari. Le consegne di autoveicoli dovrebbero aumentare del 25 per cento, una cifra molto superiore alle previsioni di crescita del mercato nord-americano che potrebbe crescere di circa il 10 per cento a 12,7 milioni di veicoli complessivi.

Se sul mercato statunitense, le vendite di Chrysler dovessero essere in linea con la media del gruppo, Marchionne dovrebbe arrivare al 10,7 per cento della quota di mercato per raggiungere gli obiettivi prefissati. Questo obiettivo è certamente ottimistico, ma non impossibile da raggiungere, anche perché il prossimo anno il gruppo di Detroit lancerà sul mercato diversi modelli; rimane tuttavia un’incognita legata al prezzo della benzina che potrebbe far diminuire il numero di veicoli venduti rispetto alle previsioni.

Nel 2010 la crescita della casa americana è avvenuta grazie anche all’apporto del segmento delle automobili, dove l’azienda ha registrato una crescita di oltre il 26 per cento. Questo dato fa ben sperare anche nel caso in cui l’andamento del prezzo del petrolio non dovesse essere favorevole. La strategia di Sergio Marchionne è dunque chiara: superare i due milioni di consegne e portare sullo stesso piano il gruppo Chrysler e quello Fiat Auto da un punto di vista dei ricavi. Insieme le due case arriverebbero alla soglia dei 4 milioni di auto vendute.

È dunque in discesa il lavoro dell’amministratore delegato di Fiat? Se in America i risultati sembrano essere in linea con le attese, in Italia la casa automobilistica, nonostante la vittoria al referendum di Pomigliano d’Arco e Mirafiori, continua a trovare molte resistenze al cambiamento. La modifica dei contratti, con una maggiore importanza ai contratti aziendali, sarà difficile da esportare agli altri stabilimenti Fiat.

Certo è che una buona parte della sfida di Marchionne si giocherà sul piano “Fabbrica Italia” e la problematica dell’implementazione del contratto Pomigliano si ripresenterà nel 2011. I sindacati italiani non hanno apprezzato questo passo in avanti dell’AD di Fiat, ma difficilmente potranno sottrarsi al cambiamento in atto. La strategia di Fiat è sempre più globale e ormai concentrata su tre mercati principali: Stati Uniti con Chrysler, Europa con Fiat e Brasile, l’unico Paese in via di sviluppo dove la casa torinese è leader.

Il localismo dei sindacati italiani si scontra con la visione globale del produttore italiano. “Fabbrica Italia”, che prevede 20 miliardi di euro d’investimento nel nostro Paese è una grande opportunità per far risalire il livello produttivo italiano, ormai inferiore anche alla Repubblica Ceca. Dire no a questo piano, come ha fatto la FIOM, mostra un’inadeguatezza di una certa classe sindacale. L’Italia, nella strategia di Marchionne, giocherà un ruolo importante, poiché circa il 20 per cento della produzione verrà dal nostro Paese.

Una Fiat sempre più americana, come mostrano i dati di bilancio di Chrysler, ma al contempo una Fiat con radici forti in Italia, sempre che i sindacati lo permettano.