In arrivo una nuova guerra contro Israele?
20 Ottobre 2016
Come riporta, con una approfondita inchiesta, il sito del Gatestone Institute, nei territori palestinesi a breve la situazione potrebbe precipitare. Circa 300 membri delle brigate Fatah, il movimento riconducibile a Mahmud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese, infatti, si starebbero addestrando nella Striscia di Gaza, in preparazione ad una guerra contro Israele. La notizia è duplice. La prima, più eclatante, è che, ancora una volta, la nazione ebraica potrebbe essere a breve chiamata a difendere la propria esistenza contro un nemico interno. La seconda è che si starebbe ricomponendo la frattura storica tra Hamas e Fatah.
Le differenze tra Fatah e i terroristi di Hamas, in realtà, sono state volutamente enfatizzate dai palestinesi. Non essendo Fatah un movimento unitario, ma un arcipelago di gruppi, alcune fazioni al suo interno possono rivolgersi al mondo esterno, parlando, in lingua inglese, di pace, mentre le ali più estremiste si rivolgono all’interno, in arabo, propagandando la distruzione di Israele. Questa tattica consente di accusare gli ebrei di non voler il dialogo da una parte, senza lasciare il pallino dell’iniziativa fondamentalista al solo Hamas, dall’altra. Al momento nella Striscia di Gaza sembra che operino cinque milizie di Fatah. In gran parte, dicono fonti locali, sono ex poliziotti che hanno perso il lavoro dopo il golpe che, nel 2007, ha portato al potere Hamas nella striscia di Gaza.
Ma allora perché questi gruppi non lavorano per riportare Fatah al potere nella Striscia, ponendo fine al regime di terrore di Hamas? E perché viene permesso loro di continuare ad operare, per non dire di addestrarsi? Come dicevamo prima, Fatah è un arcipelago. Ma Hamas non lo è. È un monolite. Fatah è una coalizione di governo, Hamas è un movimento ideologico. Le condizioni di vittoria, per le due fazioni, non potrebbero essere più differenti. Hamas vive e prospera in funzione di un grande obiettivo: la distruzione sanguinosa di Israele. Fatah, invece, amministra e gestisce le relazioni interne ed estere di un popolo. Se cinque dei suoi gruppi accettano di rinnegare la linea seguita dalle leadership palestinesi, addestrandosi e preparandosi per una guerra contro il popolo ebraico, Hamas non trova nulla di male nel tenerli nella propria sfera. Il fatto, poi, che questi siano sempre più ideologicamente affini al movimento e sempre più distanti da chi paga loro lo stipendio è solo un beneficio ulteriore.
In sostanza, Abbas sta perdendo la guerra per creare uno stato palestinese. Ma non la sta perdendo con Netanyahu. Piuttosto la sconfitta è interna. La Striscia, ormai, è sotto il controllo di Hamas in maniera così ferrea ed irrevocabile che viene consentito ad altri di addestrarsi a Gaza. Abbas sta anche perdendo il controllo all’interno della coalizione di Fatah, dove gli elementi estremisti si stanno rafforzando. L’autorità palestinese continua ad essere un elemento di facciata che mette le vecchie leadership al sicuro. Chi ci rimetterà, come avviene da decenni, sarà il popolo palestinese. E, naturalmente, Israele, che dopo lo scoppio dell’ultima intifada, con morti e feriti civili nelle città israeliane, adesso rischia di trovarsi davanti a nuovi conflitti.
Quello che dovremmo pretendere dai nostri rappresentanti a livello internazionale è maggiore discernimento. Il passo falso dell’Unesco che cancella l’identità ebraico-cristiana di Gerusalemme è un esempio perfetto. Non è, come qualcuno pensa, un problema locale. È la miccia di un nuovo conflitto. Che avremmo dovuto cercare di spegnere, invece di attizzare irresponsabilmente. Gli estremisti di Hamas e Fatah, infatti, stanno cercando solo l’incidente per poter portare l’escalation ad un nuovo livello di intensità, dopo l’ondata di attacchi terroristici all’arma bianca degli ultimi mesi. Fargli sponda non è solo irresponsabile. È proprio criminale.