In Corea del Nord si muore di fame e il regime che fa? Attacca gli Usa

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In Corea del Nord si muore di fame e il regime che fa? Attacca gli Usa

14 Gennaio 2012

La Corea del Nord soffre di carestie terribili da quando, con il crollo dell’Unione Sovietica, questo stato-prigione si é trovato orfano del proprio padre ideologico e privo degli aiuti economici ed energetici di Mosca.

Da allora, la Cina si é sostituita alla Russia, in un gioco diplomatico che ricorda i vecchi intrighi ottocentesci tra Tokyo, Mosca e Pechino per aggiudicarsi il ruolo di “fratello maggiore” della nazione coreana. Tuttavia, a differenza dell’Ottocento, oggi nessuno si imbarcherebbe nella colonizzazione di questo pezzo di Corea che é tra più violenti, arretrati e poveri luoghi del pianeta. Ed oggi, a differenza dei decenni della Guerra Fredda, la Cina si limita a fornire il minimo indispensabile per mantenere i burattinai Kim al potere, senza elargire aiuti abbondanti come facevano i Sovietici.

Accade così che, dagli anni ’90 ad oggi, Pyongyang chiede aiuti umanitari agli odiati nemici capitalisti: Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Il che suona quasi ironico, pensando alle fanfare con cui il governo comunista nordcoreano presenta ai propri sudditi morenti la situazione fortunata in cui si troverebbero grazie alla saggia guida dell’appena defunto Kim Jong-Il e ai “progressi inarrestabili” della rivoluzione socialista.

Nell’ultimo decennio, le trattative riguardanti gli aiuti umanitari si sono intrecciate con il problema del programma atomico nordcoreano. Grazie al presidente conservatore Lee Myung-bak, dal 2007 la Corea del Sud ha abbandonato l’effimera e corrotta politica pacifista degli aiuti senza condizioni a Pyongyang.

Lee ha preteso che prima di parlare di aiuti la Corea del Nord fermi la sua costruzione dell’arma nucleare. Con le riunioni del Gruppo dei Sei (Nord Corea, Sud Corea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti) interrotte, la Russia defilata, la Cina che gioca d’attesa, e le tre democrazie occidentali a far fronte comune, la Corea del Nord si é trovata sempre più in crisi, ma il regime non ha mai pensato di abbandonare il programma atomico, fiore all’occhiello della propaganda militarista dei Kim.

Il recente decesso di Kim Jong-Il, e l’ascesa al potere del giovane erede Kim Jong-Un, non hanno cambiato la strategia diplomatica di Pyongyang, che alterna aperture a minacce, e fa di tutto per portare avanti il programma nucleare mentre la popolazione muore di fame. Mercoledì un portavoce del Ministero degli Esteri nordcoreano ha accusato gli Stati Uniti di politicizzare la questione degli aiuti alimentari.

Secondo il regime comunista, gli Stati Uniti dovrebbero consegnare più di 300,000 tonnellate di cibo immediatamente; invece Washington starebbe cercando di allineare la propria posizione a quella della Corea del Sud, pretendendo lo stop al programma nucleare prima di spedire qualsiasi aiuto. Paradossalmente, il portavoce di Pyongyang ha anche dichiarato che non é la Corea del Nord a richiedere urgentemente aiuti; il cibo sarebbe invece stato offerto dagli americani.

Alla confusione ha contribuito anche la risposta del Dipartimento di Stato americano, che attraverso la portavoce Victoria Nuland ha confermato di mantenere separati i temi dell’aiuto umanitario e del programma nucleare. Ma allora dove sta la verità? Probabilmente, gli Stati Uniti stanno vincolando la spedizione di aiuti allo stop del programma nucleare, ma lo stanno facendo in modo indiretto.

Infatti, Washington sarebbe pronta a sbloccare gli aiuti a patto che la Corea del Nord torni a sedersi al tavolo del Gruppo dei Sei; ma ovviamente, essendo quella sede creata appositamente per porre fine all’armamento atomico dello stato-prigione comunista, Pyongyang dovrebbe in effetti rinunciare alle sue pretese atomiche.

Il mistero delle recenti dichiarazioni contrastanti si chiarisce anche leggendo tra le righe della posizione ufficiale dei diplomatici americani, che ultimamente usano l’espressione “nutritional assistance” per indicare gli aiuti umanitari da destinare alla Corea del Nord. Dietro questa sottigliezza si nasconderebbe la volontà di Washington di spedire esclusivamente integratori vitaminici ed altre sostanze di assistenza alimentare, utilizzabili solo da chi davvero soffre la fame.

In passato, mentre la popolazione moriva di stenti, i Kim hanno usato combustibili e cibo per l’esercito e i dirigenti del partito comunista. Oggi, gli USA non vogliono rischiare che ciò si ripeta, e questo manda su tutte le furie Pyongyang, che invece vuole grano, riso, e combustibili. Ma lo stallo non é definitivo, e tre dettagli indicano che nello scacchiere dell’Estremo Oriente qualcosa, seppur lentamente, si muove. 

Primo, la recente visita di Lee Myung-bak ad Hu Jintao testimonia gli interessi commerciali che legano Seul e Pechino; se la Corea del Sud concedesse un accordo di libero commercio, la Cina potrebbe in cambio spingere Kim Jong-Un a fermare momentaneamente i test nucleari.

Secondo, il comunicato rilasciato mercoledì da Pyongyang era di protesta, ma allo stesso tempo lanciava segnali di apertura, dicendo che la Corea del Nord vuole “attendere e vedere” se Washington vorrà ricostruire “fiducia”.

Infine, giovedì a Seoul si sono incontrati i rappresentanti diplomatici giapponesi e sudcoreani con delega al problema nucleare; il loro incontro precede quello della prossima settimana che vedrà partecipare anche l’inviato statunitense.