In difesa di Silvia Deaglio, vera eccellenza italiana
10 Novembre 2012
Una busta contenente una lettera di minacce è stata recapitata al professore associato di Genetica Medica, Silvia Deaglio, all’Università di Torino, dove la medesima insegna. All’interno del plico, un foglio bianco formato A4 su cui era incollato una foto con un ritaglio del presidente del Consiglio Mario Monti assieme al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali – e ordinaria di Diritto del Lavoro all’Università di Torino – Elsa Fornero. Poco più in basso, una scritta: ”Quando arriverà il furore del popolo saranno c….amari”.
Il perché di un simile ‘omaggio’ è presto detto: Silvia Deaglio, come noto, è la figlia di Elsa Fornero. Nonché di Mario Deaglio, ordinario di Politica Economica presso la Facoltà di Economia (sempre) dell’Università di Torino ed editorialista economico de La Stampa. Ora, evidentemente, avvenimenti del genere non vanno né sottovalutati né enfatizzati. L’episodio, però, si presta a talune considerazioni.
Da alcuni mesi a questa parte, Silvia Deaglio è vittima di un simil-gioco al massacro mediatico. Ovvero, insegna nella stessa università di mamma e papà. Ergo, è una raccomandata. Due più due: quattro. Semplice, no? Assolutamente no.
Silvia Deaglio ha un Curriculum Vitae straordinario. E’ una vera eccellenza italiana. E la malcapitata, sul tema, ha più volte tenuto a ribadire un dato tanto banale quanto inequivocabile: “Per me parla il CV”. Analisi lapidaria, cristallina. Di fronte a un Curriculum simile non resta che batterle le mani. Farle i complimenti. Chapeau. Le pubblicazioni, le onorificenze, le esperienze professionali e gli inviti a seminari e lezioni si sprecano. Insegna Genetica Medica, poi, materia eufemisticamente complessa e importante. Eppure è detestata.
Odiata da quella cultura ‘de sinistra’ – per dirla alla Giuliano Ferrara – d’antan, secondo cui è l’eguaglianza – meglio, l’egualitarismo – a tutti i costi a prevalere sempre e comunque sul merito. Provare a discutere con chi, da sinistra, ha già condannato – dall’alto di una sorta di Tribunale del Popolo post-moderno – la povera Deaglio per via di quella madre (e di quel padre) è praticamente impossibile. Una battaglia donchisciottesca. In altre parole, è figlia di. E dietro non può che esservi ‘la magagnetta familistica’. Non il talento, l’impegno e il sacrificio. ‘La magagnetta’.
Una volta per tutte, minacce (vergognose) a parte: Silvia Deaglio è semplicemente brava. Al di là dei genitori che ha. Non scelti da lei, peraltro.