In Europa si sono alzate le tasse, in Italia no
26 Maggio 2009
Le ultime finanziarie di vari Stati europei, in funzione anticrisi, sono intervenute in maniera particolare sulla leva fiscale.
In Gran Bretagna, per esempio, a fine aprile il Cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling ha illustrato la finanziaria inglese, dando così conto dell’innalzamento dell’aliquota sui redditi superiori alle 150 mila sterline, che, a partire dal 2010, passa dal 40% al 50%. Saranno inoltre limitate le deduzioni pensionistiche ed aboliti altri benefici fiscali per tutti i redditi superiori alle 100 mila sterline. Il Daily Telegraph ha definito tale nuova strategia fiscale come “ritorno alla guerra di classe” (non dimentichiamo che, proprio in Gran Bretagna, tra il 1976 e il 1979, vigeva un’aliquota stratosferica dell’83%).
Anche il Financial Times (certo meno “conservatore”, come impostazione, del Daily) ha inoltre commentato tali misure, evidenziando il palese superamento di quella che era stata la linea politico fiscale di oltre un decennio del New Labour, da Blair in poi (famosa la frase del laburista Mandelson quando disse che non aveva nulla in contrario al fatto che “qualcuno diventi schifosamente ricco”).
I contribuenti sopra le 150 mila sterline sono comunque in Gran Bretagna circa 300.000 e non basterà certo tale previsione a far fronte ai 700 miliardi di sterline di debito pubblico (il più alto d’Europa).
La situazione inglese del resto non è certo florida: la disoccupazione è in crescita, la deflazione spinge, il debito pubblico aumenta.
Anche per questi motivi è stato deciso di ricorrere all’emissione si titoli sul mercato per 250 miliardi di sterline. Oltre all’innalzamento dell’aliquota sui “ricchi” il governo inglese, oltre a vari aumenti Iva, ha deciso poi di aumentare del 2% le imposte su alcol e tabacchi (cresceranno poi anche quelle sulla benzina).
Come misura deterrente contro l’evasione fiscale è stata infine prevista la pubblicazione on line dei nomi degli evasori che hanno sottratto alle casse dell’erario almeno 25 mila sterline e maggiori e più intensi controlli, per almeno 5 anni, a carico di tutti coloro che hanno evaso imposte per almeno 5 mila sterline.L’azione inglese è stata dunque particolarmente dura.
Ma, a dire il vero, la Gran Bretagna non è stata la sola ad inasprire la leva fiscale. Negli Stati Uniti, infatti, anche se l’aliquota più alta (pari al 33%) per ora resta immutata, Obama ha presentato un piano per tagliare detrazioni fiscali a chi ha un reddito superiore a 250 mila dollari.
In Germania il Partito socialdemocratico ha proposto un aumento dell’aliquota massima, dal 45% al 47%, per i redditi superiori a 125 mila euro, se singoli, o a 250 mila euro, se coppie (i conservatori della Merkel però sono contrari). L’SPD ha inoltre proposto una tassa, compresa, tra lo 0,5% e l’1,5% sulle operazioni di borsa superiori a mille euro.
I democristiani tedeschi (come noto, al governo di unità nazionale con gli stessi socialdemocratici), nella direzione opposta, stanno invece valutando di abolire la tassa di solidarietà (pari al 5,5% della tassa sui redditi), introdotta ormai 20 anni fa in occasione dell’unificazione.
Perfino in Francia, d’altro canto, una parte della stessa maggioranza, pur essendo nettamente contrario il governo, è favorevole ad una tassa una tantum per i redditi oltre 300 mila euro.Nicolas Sarkozy, a partire dal prossimo primo luglio, in concomitanza con l’apertura della stagione turistica, ha comunque al contrario deciso di abbassare l’IVA per i ristoranti, che passa dal 19,6% al 5,5% (esclusi però vini e alcolici). In tal modo il governo francese spera che seguano positive ricadute in termini di taglio dei prezzi ai consumatori e nuove assunzioni. In Francia inoltre è stato aperto uno “sportello di regolarizzazione”, messo a disposizione dal ministero delle Finanze per coloro che hanno esportato illegalmente capitali all’estero in uno dei paradisi fiscali già inseriti nella famosa lista grigia dell’Ocse. Dietro pagamento dell’imposta evasa (e delle relative sanzioni) sulle somme illegalmente espatriate, chi deciderà di “pentirsi” sarà quindi risparmiato da azioni giudiziarie.
Infine anche l’Europa dell’est si adegua alla real politik fiscale. In Ungheria, infatti, è stato previsto un innalzamento dell’IVA, che passa dal 20 al 25% e un aumento delle accise dal 5% al 6%.
Insomma, visti i tempi che corrono e soprattutto viste le modalità di azione dei nostri vicini comunitari (e non), non passa certo inosservato se in Italia (almeno) le tasse non sono state aumentate.
E’ chiaro dunque che, a fronte di questo (ed anche per garantire questo), la lotta all’evasione fiscale abbia avuto (e debba avere) nuovo spunto, impegno e risalto.