In Francia i socialisti vincono a mani basse. Ora Hollande può governare
18 Giugno 2012
Cappotto! Si dice così quando si lascia poco e niente al proprio avversario in qualche tenzone. Allora è il termine giusto per descrivere la vittoria dei socialisti in Francia al secondo turno delle legislative terminate ieri. Il PS ha conquistato una maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea nazionale, risultato che dota il neo-eletto presidente François Hollande di una solida, e autosufficiente, forza parlamentare per l’azione di governo del suo quinquennato.
Una vittoria che dà al presidente Hollande e al ‘suo’ primo ministro, Jean-Marc Ayrault, la possibilità di cambiare poco e nulla nella composizione dell’esecutivo di Matignon. Solo qualche ora fa, il quotidiano “Le Figaro” apriva con questo titolo “Vers un remaniement a minima”, verso un rimpasto minimo, e questo perché l’autosufficienza parlamentare socialista di fatto permette all’Eliseo di non aver bisogno d’aprire ad altri partiti politici rispetto a quelli che avevano fatto accordi politici prima delle presidenziali, come Verdi e i Radicali.
Come ogni buona corsa in regime elettorale maggioritario, ove la rielezione non è un affare in mano alle segreterie partitiche, il giorno dopo è d’obbligo il passaggio alla casella delle celebrità politiche escluse. Due su tutte: Ségolène Royal e François Bayrou. L’ex-candidata socialista contro Nicolas Sarkozy nel 2007 e ex-compagna storica proprio del presidente Hollande, ha perso malamente contro il proprio sfidante, il socialista dissidente Olivier Falorni che si è imposto con un 62% dei voti contro il 30% della Royal.
C’è chi la vorrebbe in corsa per la presidenza del Partito socialista, ma è difficilmente pensabile che la Royal abbia un qualsivoglia futuro a Parigi, ora che François Hollande e compagna sono i nuovi sovrani pro-tempore di Francia (i campanelli d’allarme per la Royal si sono fatti sentire tutti in quell’invito di Valerie Trierweiler, attuale compagna d’Hollande, a votare Falorni contro la ex del suo ganzo).
C’è poi François Bayrou, il fondatore del MoDem, del Movimento Democratico, la formazione centrista nata dalle ceneri dell’UDF di Giscard d’Estaing, sconfitto nel suo ‘fief’, nel suo feudo politico di Béarn, nei Pyrénnés-Atlantiques. L’ex-candidato alle presidenziali sarebbe stato penalizzato anche dall’esser stato percepito come peccante di parisianismo, ovvero di un’eccessiva permanenza nella capitale francese, a cui forse si aggiunge anche il prezzo pagato in una circoscrizione centrista ma conservatrice, per la dichiarazione di voto di Bayrou per il socialista François Hollande al secondo turno delle presidenziali.
Segno di un sistema politico in disintegrazione e in ricomposizione. D’altronde si dica pure che il consolidamento di un Centro politico in Francia, da sempre l’obiettivo dell’azione politica di Bayrou, non si è mai consolidato dalla sconfitta di Valerie Giscard d’Estaing in poi.
Quanto ai veri sconfitti, ovvero la Destra repubblicana francese dell’UMP – a questi piace tanto sentirsi diversi, repubblicani appunto, dai soi-disant puzzoni del Front National -, siamo alle dichiarazioni di ‘vigilanza’. François Fillon, fino a un paio di mesi fa l’uomo di Nicolas Sarkozy a Matignon e uno dei componenti della troika che traghetterà l’UMP verso la nuova presidenza assieme a Jean-François Copé e Alain Juppè, ha affermato ieri notte, appena preso atto della batosta, che “l’opposizione sarà degna ma vigile”.
Una partita, quella per la presidenza dell’UMP che vedrà in campo anche François Baroin, ex-ministro delle finanze nel governo Fillon e uno dei pochi volti nuovi emersi durante il quinquennato di Nicolas Sarkozy. Nuovo, nuovo, Baroin, proprio non è. L’uomo relativamente giovane conta contatti forti con l’ancora influente clan degli chiracchiani dentro l’UMP, visto l’affetto che l’oggi malato Jacques Chirac gli ha dimostrato da quando Michel Baroin, padre di François e intimo di Chirac, morì in un incidente aereo (per la cronaca Michel Baroin fu anche grande maestro del Grande oriente di Francia, un massone).
Quanto al Fronte Nazionale, dopo quindici anni d’assenza da Palazzo Borbone, sede dell’Assemblea Nazionale, torna con tre deputati alla Camera bassa del parlamento francese. Tra gli eletti, anche la nipote di Marine Le Pen, Marion Marechal Le Pen, di soli 22 anni (fatto che la rende la nuova beniamina dell’Assemblea, come suo nonno, Jean-Marie, prima di lei nel 1956). Marine lei, non ce l’ha fatta, sconfitta per 118 voti dal socialista Kemmel nella circoscrizione di Pàs-de-Calais.
Un risultato comunque importante per il partito fondato da Jean-Marie Le Pen, padre di Marine, che dopo il buon risultato alle presidenziali dello scorso Aprile Maggio (il 17,9%), riconquista una voce in Parlamento. Questo mentre tra il FN e l’UMP s’inizia a giocare la partita sul futuro della destra d’oltralpe, ovvero la possibilità di un’alleanza tra la Destra post-gollista e la Destra anti-rivoluzionaria francese.
La politica del “ni PS, ni FN”, del “né PS, né FN”, inaugurata da Jean-François Copé tra i due turni di queste legislative e che mette fine al tacito accordo tra UMP e PS nella conventio ad excludendum nei confronti del FN, è un sintomo che qualcosa sta cambiando anche a destra e che gli ‘appestati frontisti’ non esistono più, o meglio, che degli appestati ora il gollismo francese ha bisogno per tornare a vincere.