In Francia la politica è viva, in Italia Prof. e commissari l’hanno ipotecata

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

In Francia la politica è viva, in Italia Prof. e commissari l’hanno ipotecata

02 Maggio 2012

 

Dopo che i politici si sono fatti commissariare dai tecnici, mai immaginavamo che i tecnici si facessero commissariare da altri tecnici. Chiamati al capezzale della Repubblica dal sistema dei partiti, evidentemente i professori hanno capito che da soli non potevano farcela ed hanno chiesto aiuto ad altri professori per farsi dare una mano. Curiosamente uno di questi, Francesco Giavazzi, non aveva risparmiato a Mario Monti ed alla sua squadra critiche feroci nei mesi scorsi: un motivo in più per cooptarlo nella squadra dei risanatori. Della quale fanno parte, come si sa, il risanatore per eccellenza Enrico Bondi ed il civil servant in servizio permanente effettivo, Giuliano Amato con l’esplicito mandato di riformare i partiti. Questi, naturalmente, non vedono l’ora che nei loro affari metta becca uno che li conosce bene per averne fatto parte, ma che adesso occupa posizioni diverse, di lignaggio superiore e, com’è giusto che sia, non rischia nulla se non una candidatura che gli stessi partiti puntualmente bruceranno (come nel passato) al Quirinale.

Non siamo alla pochade, ma alla tragedia. Il sistema politico è bloccato e pratichette del genere ne evidenziano tutta la miseria. Vorremmo che qualcuno spiegasse a che cosa servono tre risanatori, quando poco più di cinque mesi fa ne sono stati nominati una ventina che, allo stato, non sembra abbiano fatto granché a meno di non voler considerare “geniale” la turpe manovra fiscale che non solo sta impoverendo tutti noi, ma rischia di mandarci al manicomio. Tassa dopo tassa, l’Italia sta affondando ancor più di quando la cannoneggiava lo spread (che peraltro non ha smesso). Di crescita, sviluppo, equità, salari non se ne parla. Siamo in balia di un manipolo di signori (il cui lord protettore Pier Ferdinando Casini s’incarica ogni giorno di difendere dalla inane incomprensione di quanti mostrano per il loro lavoro) che non mi pare stiano risolvendo i problemi per i quali erano stati invitati a Palazzo.

Cos’altro dobbiamo aspettare? Godot, evidemente. Che, per l’occasione, ha le fattezze della politica. Ecco: che arrivi la politica, finalmente. Che ritorni, che si manifesti, che si rimetta al centro della scena.

Scrivo queste note dalla Francia dove sto osservando da vicino la campagna elettorale. Qui la politica è viva, e non soltanto perché domenica prossima i francesi devono eleggere un presidente. Ma perché essa è intessuta di idee, di progetti, di conflitti, di proposte.

E’ tutta roba intorno alla quale la gente si appassiona, partecipa, interviene. Ho seguito nel pomeriggio del primo maggio le manifestazioni oceaniche di Nicolas Sarkozy e di Marine Le Pen. Entusiasmo alle stelle. Leader ascoltati. E sui giornali e nei programmi televisivi e nelle bettole di sera nei piccoli centri della Francia profonda e nei caffè delle grandi città la politica si tocca con mano. La politica delle idee. Come non se ne vede e non se ne sente più in Italia il cui simulacro è relegato negli asettici salotti televisivi traboccanti di noia e nelle non meno noiose dichiarazioni serali che a getto continuo vengono sfornate dagli stessi esponenti che mai, neppure per caso, dicono qualcosa di sensato, di appassionante che già di per sé sarebbe rivoluzionario.

Vista dalla Francia quel che rimane della politica in Italia sono brandelli sterilizzati dai professori-tecnici sul punto di gettare la spugna. Qui, bene o male, una visione del futuro muove i pensieri; da noi il risentimento e la contemplazione negativa o narcisistica del passato recente tengono banco in assenza di altro. E l’altro potrebbe e dovrebbe essere la rinascita della politica attorno a idee. Ma chi potrebbe porre mano ad un’opera siffatta dopo che i protagonisti che avrebbero dovuto costruire la Seconda Repubblica di fatto hanno asfaltato le poche buone intenzioni che si erano manifestate nella società e nella stessa classe politica?

Non credo basti un risanatore del sistema dei partiti o un bonificatore della spesa pubblica per riprendere un cammino troppo presto interrotto. Penso, piuttosto, che occorra nel profondo che le forze politiche scavino per trovare le ragioni del malessere che le ha colpite. Lo dico guardando alla Francia, alla sua storia. Anche qui si era toccato il fondo. Eppure, in un’epoca lontana, ma ancora viva e ben presente,  ci sono stati un leader ed un popolo consapevole guidato da politici altrettanto responsabili che hanno saputo riconoscere la gravità del momento e rimboccarsi le maniche, sia pure nell’ambito di una fisiologica contrapposizione di idee e di progetti. La Quinta Repubblica – che nonostante tutto funziona e con essa funzionano benissimo i partiti quali veicoli di autentica democrazia, capaci quando è il caso di riformarsi – nacque così, da uno stato di necessità che trovò chi riuscì ad interpretarlo. A nessuno venne in mente di ricorrere a tecnici quando la gente reclamava giustizia sociale, ordine civile e protagonismo internazionale a cavallo di una decolonizzazione che stava facendo perdere al Paese la propria identità.

Oggi i partiti più responsabili di Francia si stringono intorno alla loro bandiera e sanno – tutti, anche coloro che hanno sbagliato prendendo un’altra strada – che la nazione, l’idea di nazione, la nazione viva di Renan e di De Gaulle è il bene primario da salvare. Ecco un’idea che contiene tutte le altre. Perciò che l’Europa delle banche e dei mercanti, dei burocrati e dei tecnocrati bruci pure tra le sue scartoffie affinché viva l’Europa dei popoli, delle nazioni, delle culture e degli Stati. Non so quante volte, celebrando il lavoro, Sarkozy ha pronunciato la parola nazione nel suo grandioso comizio sotto la Torre Eiffel. E non ho potuto contare i francesi, giovani ed anziani, che si commuovevano mentre Marine Le Pen offriva un cuscino di fiori a Giovanna d’Arco in place des Pyramides, prima di tenere il suo discorso, mai tanto affollato, per la prima volta all’Opéra, ricco di richiami alla coesione sociale, alla storia della Francia, alla sua indipendenza, alle libertà repubblicane che questa strana e seducente destra vuole fare proprie interpretando i sentimenti degli “invisibili”.

Credo che da altre parti, dalle parti di Hollande e di Mélenchon si siano agitate altrettante idee per venire a capo dei problemi. Ma nessuno, da destra e da sinistra, ha dimenticato di rappresentarsi come una parte della nazione.

In Italia? I risanatori chiamano i risanatori e quelli che dovrebbero essere risanati sono moribondi ormai esangui, privi di forze, incapaci di reagire di fronte allo strapotere dell’indifferenza popolare nei loro confronti e all’indignazione che sale e  nessuno sa dove, quando e come si arresterà.

Torniamo alla politica, prima che sia troppo tardi.