In Gran Bretagna oramai pregare per qualcuno è peccato
01 Marzo 2009
di Paola Vitali
Ora pregare per qualcun altro può essere persino interpretato come una mancanza di rispetto per la diversità. Ne sa qualcosa l’infermiera inglese che, dopo aver fatto visita a una signora alla quale prestava assistenza per conto dell’ospedale in cui lavorava, qualche giorno fa si è vista sospendere dal servizio. Quel giorno infatti ha commesso il “terribile” errore di offrirsi di dire preghiere per la sua assistita, con garbo e pacatezza. La paziente ha commentato il fatto con una collega dell’infermiera, a quanto pare senza rimostranze particolari e senza far polemica. Ma tanto poco è bastato per arrivare subito alla temporanea sospensione dal servizio dell’infermiera.
L’accusa è quella di aver infranto uno dei principi del codice di riferimento per la categoria, secondo cui “occorre dimostrare un impegno personale e professionale alla tutela dell’eguaglianza e della diversità”. Il messaggio chiaro è diretto a chi lavora nel sistema sanitario nazionale inglese: bisogna tenersi alla larga da qualsiasi affermazione, azione o possibile conseguenza non intenzionale delle proprie azioni che possa causare un’offesa – anche solo presunta o ipotetica – a terzi.
Caroline Petrie, quarantacinque anni, madre di due figli, convertitasi al Cristianesimo dopo la morte della madre una decina d’anni fa e da allora fervente cattolica, non è stata negligente, non ha commesso reati: non ha adoperato siringhe infette, né somministrato medicinali sbagliati, non si è presentata al lavoro in stato di ubriachezza, non è stata molesta o aggressiva nei confronti dei pazienti. Tutto ciò che ha fatto è stato offrirsi di pregare perché i suoi assistiti possano guarire prima, o comunque ricevere un po’ di sollievo dalle loro malattie.
Eppure fino a quando non è stata reintegrata al lavoro ha corso il rischio di un provvedimento disciplinare e, se le cose si fossero messe davvero male, avrebbe persino perso il lavoro. Ci sarebbero infatti dei precedenti nel comportamento della donna: i suoi capi sono venuti a conoscenza che non sarebbe stata la prima volta che l’infermiera avrebbe esternato la sua religione ad un paziente. Lo scorso anno la Petrie avrebbe regalato un santino a un altro anziano e, a quanto pare, in altre occasioni avrebbe comunicato la sua intenzione di recitare preghiere per i malati.
Ma non è certo accaduto che abbia mancato di offrire loro le cure dovute, o che abbia modificato il suo comportamento dopo il diniego delle persone cui offriva conforto religioso. E non è certo mai arrivata a rifiutare trasfusioni o medicine a chi non voleva il suo aiuto. Per il servizio sanitario nazionale, però, c’è un abuso di posizione con l’aggravante dell’utilizzo del luogo di lavoro come ambito di evangelizzazione e proselitismo.
L’aspetto forse più preoccupante di questa triste vicenda è il ruolo attivo della società dei secolaristi inglesi. Sebbene si siano affrettati a fornire le loro spiegazioni in nome del rispetto delle diverse fedi religiose presenti e attive in Inghilterra, e della lotta ad ogni discriminazione in nome dell’uguaglianza, il movimento in crescita degli ateisti sembra voler delegare ad arbitri delle differenze la gestione e il controllo di chi possa essere individuato come eretico contemporaneo. Sono sempre più frequenti infatti casi di questo genere nelle scuole, in alcuni College cristiani di Oxford e in altre istituzioni pubbliche del paese.
I secolaristi ne fanno una questione pratica per cui permettere a chi opera in ambienti di lavoro a contatto con il pubblico di esprimere le sue opinioni religiose comporterebbe una possibile serie di complicazioni (come nel caso dei musulmani al lavoro nei supermercati che si rifiutano di maneggiare carne di maiale e degli ebrei che si oppongono a turni di lavoro il sabato). Al tempo stesso dicono che bisogna vigilare per fare in modo che, chi si trova in contesti in cui il suo credo religioso può essere relegato in secondo piano, possa essere immediatamente “messo alla pari”, “incluso”, come amano dire loro.
Siamo arrivati alla caccia alle streghe secolarista, con gli atei nel ruolo degli inquisitori, e al trionfo assoluto del politicamente corretto, ormai scavalcato dal dogma della diversità. Vediamo come andrà a finire. Ma Caroline Petrie, non appena reintegrata al lavoro, ha lanciato la sua personale sfida: non smetterà di pregare per i suoi pazienti e di offrirsi di pregare per loro.